LA BELLEZZA DELL’UNCANNY.
Le prime note prendono alla sprovvista l’ascoltatore, e con esse partono le immagini: su un muro di tenebra si materializza il volto di Jónsi, strapazzato da mani senza corpo come se fosse un pezzo di argilla. Non siamo tenuti a sentirci a nostro agio, e il regista Barnaby Roper ce lo mette subito nero su bianco (o bianco su nero, in questo caso). Ma è solo quando intervengono le figure animate dell’artista svedese Pandagunda che il tanto (ig)noto senso del perturbante si insinua sotto pelle: chi è quel ballerino pallido che fluttua in lontananza? Ma è davvero un essere umano, o…? Manca il tempo di formulare le prime ipotesi, dato che uno stacco repentino mette in chiaro il viso amorfo e inespressivo del soggetto, qualcosa che sembra uscito dai faldoni di concept art per il film Bruiser di George A. Romero, così come la sua natura di manichino animato al computer. E la metamorfosi avanza: i danzatori digitali aumentano di numero, si aprono in petali carnosi e si deteriorano in spilli argentei, toccandosi con aliena dolcezza, mutando forma e coreografia. L’arcana armonia della musica culla e sevizia in egual misura, in una dimensione altra dove angoscia opprimente e libertà inebriante si sovrappongono, fra capelloni dall’origine incerta e manichini in CGI persi nel vuoto. Una crisi d’identità così stilosa è difficile a trovarsi!
JÓNSI. BARNABY ROPER. 2020.
Molto bello il video.
Interessante il taglio di lettura critica che ne dai.