UNTIL THE QUIET COMES / FLYING LOTUS (KAHLIL JOSEPH)

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QUALCUNO MI ATTENDE.

Lo scenario è quello di una periferia apparentemente tranquilla in un quartiere di Los Angeles abitato da una comunità afroamericana colta nella routine di fine giornata, tra adulti che si intrattengono nelle vicinanze e bambini che si rincorrono giocando per strada.
Ma presto, l’impensabile accade lasciando la sua scia di sangue, come simbolo di una ordinaria e continua sequela di violenza e crimini senza volto e senza perchè.
Un’altra panoramica apre a un diverso livello “quasi di sublimazione” della morte: il corpo di una delle vittime riversa a terra, si rianima come da un sonno e grazie ad un’efficace tecnica a ralenti a ritroso, riprende i movimenti di sempre e solleva la t-shirt insanguinata mostrando la pallottola conficcata nel costato, si allontana poi tra lo sfarfallio dei lampioni in una sorta di danza disarticolata e fluente, ma “invisibile” agli occhi degli astanti.
Poco oltre, al bordo della strada c’è un’auto rossa in moto ad attendere, per condurre il “redivivo” chissà dove.
Disarmante la rappresentazione distaccata e quasi onirica del dramma che sorvola sulla crudezza degli accadimenti, e, la morte stessa è idealizzata come un lento sprofondare nel silenzio dell’acqua.

FLYING LOTUS. KAHLIL JOSEPH. 2013.

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