MACABRA EFFICIENZA DI UN INSERVIENTE.
Si parte dal piccolo: una cassetta nel mangianastri, e parte la musica. A poco a poco uno zoom-out ci offre maggiori dettagli su ciò che sta nei dintorni: Husky si presenta come un ragazzo delle pulizie in tenuta da lavoro, col suo carrello, le sue scope… Deve stare in una stanza grande, piuttosto spoglia… E poi ecco spuntare dabbasso il vero, macabro arredamento: fucili, pistole, pallottole e bossoli in ogni dove, ma soprattutto una sfilza di cadaveri distesi su chiazze di sangue ancora fresco. Scenario agghiacciante, reso ancora meno sostenibile dai colori virati all’ambrato post-apocalittico. Non ci è dato sapere il perché o le dinamiche effettive di una simile mattanza, ma sembra che il protagonista non si ponga interrogativi di sorta. E che potrà fare mai il nostro eroe se non il proprio lavoro? Armato di buona lena, il ragazzo spoglia i corpi, svuota i caricatori delle armi, ammassa il tutto in ordinati cumuli di metallo e di carne. Ma chi conosce Kubrick sa che “solo lavoro e niente divertimento rendono Jack molto scontento”: e fra qualche balletto e un po’ di libertà artistica nella disposizione delle salme, senza contare gli accenni di ventriloquio con la testa di un morto, ci si ritaglia anche uno spazietto per il relax. Il regista Evgenii Bakirov mischia la malsana nonchalance di Froilan Orozco e lo humour nero di Vince Gilligan, lasciando trapelare una mestizia di fondo acuita dalla melodia che commenta le immagini. E il finale, con quella sfilza di sacchi neri calati lungo la facciata del palazzo e ammucchiati nel camion che li attende di sotto, chiude su note surreali un’ordinaria giornata di lavoro: Husky saluta l’uomo armato che sta sul tetto (probabile fornitore di futura “merce”), mangia un boccone e parte per la prossima tappa. Desolante, malinconico, sottilmente sarcastico.
HUSKY. EVGENII BAKIROV. 2020.