RUBBER JOHNNY / APHEX TWIN (CHRIS CUNNINGHAM)

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UNA TEMPESTA DI UNHEIMLICH PSICOTRONICO

Chi ha paura del buio e non ha intenzione di farsela passare, troverà nel corto di Chris Cunningham un ottimo alleato.
Partenza da video-intervista: una voce fuori campo interroga Johnny, di cui scorgiamo solo il bizzarro volto. L’immagine è nebulosa, indefinita, i tratti somatici a malapena riconoscibili. Impossibile stabilire quanto di umano e quanto di alieno si annidi in quel viso. Johnny parla, o per lo meno si esprime a modo suo, fra linguacce, versi, sussurri e smorfie. A un tratto sembra agitarsi, sembra perdere il controllo.

Tu osservi e non capisci. È uno di quei momenti in cui vorresti che tua madre ti tenesse la mano.

Titoli di testa: un profilattico (in slang per l’appunto “Rubber Johnny”) sfilato in reverse da un membro virile.
Okay.

Parte il film: Johnny è un ragazzo deforme, idrocefalo, ridotto su una sedia a rotelle ed evidentemente affetto da seri problemi psichici, vive in uno scantinato insieme al suo chihuahua, escluso dal resto del mondo, completamente avvolto nell’oscurità, cullato dai propri rantoli. Una videocamera in modalità visione notturna ci consente di individuarne la grottesca figura, ulteriormente distorta dalla peculiare illuminazione grigiognola: occhi luminescenti, tratti facciali sgraziati, postura scomposta.
E quella che era iniziata come un’intervista si trasforma in un vero e proprio trip nella mente turbata del nostro Johnny: la musica di Aphex Twin si insinua prepotentemente fra i fotogrammi, la voce malformata di Johnny ne accompagna i suoni fondendosi con gli stessi, e la follia elettronica esplode trascinando il ragazzo in una danza delirante e frenetica. Acrobazie sulla sedie a rotelle, raggi di luce sparati in ogni direzione: è come se tutti gli anni di buio e infermità patiti da Johnny abbiano trovato all’improvviso una valvola di sfogo, animandolo come una marionetta dissennata, in preda agli spasmi di una libertà illusoria e febbricitante.
Ma è il video stesso a prendere vita, contorcendosi in figure astratte, pompandosi nelle vene un’overdose di luci stroboscopiche e lampi ultraterreni, con la stessa velocità con cui Johnny si sniffa strisce di cocaina partorite dalla propria immaginazione, giocando a nascondino col suo perplesso cagnetto prima di flashare il pubblico col suo ignudo derrière e di spremersi la faccia contro l’obbiettivo della videocamera.
Solo la repentina interruzione dell’invisibile padre di Johnny stoppa l’azione: l’uomo apre la porta e se la prende col figlio, svelando così una sottintesa ma ben chiara vicenda di abusi fisici e indicibili sevizie psicologiche, fra pregiudizi e orrore del diverso, riecheggiando i vecchi interrogativi da Uomo Elefante: chi è il vero mostro? Dov’è la normalità?

Ma arrivati alla fine del corto la domanda più importante è: che abbiamo appena visto?
Non ne siamo certi, ma tutto d’un tratto ci sentiamo indifesi e disturbati. Meglio dormire con la luce accesa stanotte.

APHEX TWIN. CHRIS CUNNINGHAM. 2005.

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