L’AUREO COLORE DEL SANGUE
Un incipit sospeso, quasi surreale, mostra un’equipe medica che sta ricucendo la mano di un uomo, e anche se la ferita è ormai molto sottile, riusciamo a scorgere il colore giallognolo del sangue sotto la carne; il fatto che il resto del video sia in bianco e nero aggiunge uno strato di irrealtà alle immagini.
Quello di Nathan Johnson è un vero e proprio cortometraggio, cui le note struggenti e antimelodiche dei Son Lux fanno da spalla emozionale. Attraverso una narrazione a ritroso e inframmezzata da flashback, scopriamo che l’armonia di una bella coppia è stata lentamente adombrata dal peso delle responsabilità: la nascita di un figlio, l’accantonamento dei piaceri della gioventù, le prime liti che portano a vergognosi atti di violenza fisica. E l’illustrazione inquietante di Abramo pronto a uccidere Isacco lascia presagire quali oscuri sentieri la mente di un uomo in crisi possa, più o meno consciamente, decidere di imboccare. Ed è così che la sconcertata moglie si accorge che l’ascia del marito non è più conficcata nel suo ceppo, e che il paparino ha caricato il figlioletto in auto. La macchina sfreccia verso una destinazione ignota, e il macabro intento del genitore si palesa a poco a poco.
Questo ideale connubio fra il tenero prologo di Up della Pixar e il sempreverde Shining di Kubrick giunge all’apoteosi della tensione nel momento del “taglio” sacrificale. E l’inquadratura splatter conclusiva (attenuata e al contempo esaltata dal cremoso sangue aureo che sgorga lentamente) ci ricorda all’improvviso il significato, nonché la posizione cronologica all’interno della vicenda, del prologo di dieci minuti prima.
E chissà, forse nell’ottica dell’insieme si tratta di un piccolo (s)confortante anticlimax.
SON LUX. NATHAN JOHNSON. 2018.