I SOLIDI IGNOTI.
In un turbinio di immagini e atmosfere che riportano alla mente diverse ascendenze cinematografiche (Kubrick, Spielberg, Villeneuve e altri) opportunamente rappresentate a bassa definizione (quasi sporcate) per alludere a un tempo indefinito e intervallate da brevi sequenze in CGI, per un evento che squassa il vissuto ordinario e destabilizza ogni certezza acquisita. Strani, massicci geometrici monoliti nero opaco, scendono dal cielo collocandosi lentamente in vari punti della città, stabilendo una sorta di muto dominio laddove essi si posano; ogni foma di contatto sembra preclusa, l’unica via è tentare un approccio quasi fisico avvicinandosi agli inquietanti blocchi.
E’ ciò che prova a fare un giovane capo di una gang, ipnotizzato dall’enigmatica scultura e ossessionato dagli interrogativi sulla natura e sugli scopi di questo fenomeno, osa un contatto diretto (che diventerà sempre più violento) a cui l’alieno masso reagisce illuminandosi in puntini e striature pulsanti come fossero alveoli, ma per niente rassicuranti; d’altronde la percezione che esso ha degli esseri umani è completamente “soggettiva” e distorta in senso aggressivo (la parte più coinvolgente e tecnicamente più significativa) il che giustifica l’impossibilità di qualsiasi intercomunicazione, se non in forma di tacita accettazione o di sottomissione.
AYIA. SALOMON LIGTHELM. 2019.