IL LATO OSCURO DI FELIX THE CAT.
Anni prima che il videogioco Cuphead riportasse in auge la grafica tondeggiante e ipnoticamente fluida dell’animazione anni ’20 e ’30, quella dei fratelli Fleischer e del Walt Disney di Steamboat Willie, l’illustratore e musicista McBess già si serviva di quel particolare tratto per concretizzare la propria dirompente, a tratti persino inquietante, visione artistica del mondo. Per il suo gruppo, i Dead Pirates, confeziona questo bizzarro videoclip che condensa in circa cinque minuti uno stravolgimento parodistico di quei vecchi corti innocenti, dove tutti sorridono e dove il colore non è contemplabile, un ente indefinibile come quello “venuto dallo spazio” di cui ci parlava Lovecraft.
Ma siamo sicuri, poi, che quei corti fossero davvero così innocenti? Non dimentichiamo che, prima del famigerato codice Hays di Hollywood (quello che, tanto per dirne una, proibiva ai registi di cinema di mostrare due persone distese sullo stesso letto), anche nei prodotti di intrattenimento più inoffensivi ci si poteva imbattere in immagini lascive o potenzialmente controverse. Basti pensare a come il look di Betty Boop si sia de-sexy-zzato dal 1933 al 1939, senza contare che nel famoso Bamboo Isle l’eroina appariva di fatto in topless! E chi si ricorda la strana Silly Symphony disneyana intitolata La danza degli scheletri? Mai nulla di tanto simpaticamente funereo fu concepito nella storia dell’animazione. E non stiamo a contare gli innumerevoli episodi di violenza cartoonesca e slapstick che, fra il Matt Groening di Grattachecca e Fighetto e il Mattioli di Squeak the Mouse, già da tempo sono stati riletti in forme decisamente più adulte.
Nulla di tutto questo sfugge all’occhio di McBess, che ci catapulta in un’oasi (in)felice dove bicchieri ghignanti camminano beati su sentieri lugubri coperti di lapidi, grancasse gioconde si colpiscono ripetutamente in faccia fino a distruggersi i connotati fra le lacrime, bare antropomorfe danzano negli ambienti spogli di giardini cimiteriali, l’alcol si spreca e danzatrici hawaiane non si fanno problemi a esibire abbondanti seni ignudi durante i loro numeri. Da siparietti gioiosi si passa in uno schioccare di dita a teatrini dell’orrore, come se fra un fotogramma e l’altro una presenza invisibile ci mettesse sul naso gli occhiali da sole di Essi vivono di John Carpenter, permettendoci di osservare sotto la superficie delle cose: e così la casetta sorridente si trasforma in una catapecchia morta attorno cui orbitano fantasmini e foglie secche, cartelli che recano scritte quali “Fuck the Ocean”,”Everything is Useless” e “Destroy” si materializzano sullo sfondo, i guanti di Mickey Mouse ci omaggiano con un bel dito medio e coltelli fumettistici sventrano pance paffute. Altro che codice Hays!
DEAD PIRATES. MCBESS. 2016.