BREAKUP SONGS / DEERHOOF (PIETER DIRKX)

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L’APOCALISSE IN DUE MINUTI.

A volte basta veramente poco per turbare. La formula usata da Pieter Dirkx è semplice quanto efficace: tempi brevi, montaggio serrato, l’apporto disorientante della musica dei Deerhoof e quella sempiterna icona del macabro che è la maschera ornitomorfa del medico della peste. In un tipico scenario rurale secentesco assistiamo alle bizzarre tribolazioni di alcuni paesani, colpiti da un misterioso male il cui più evidente sintomo pare il rigurgito di fluidi colorati: rosso, blu, nero, giallo… la tavolozza è ricca, e a nulla sembrano servire le benedizioni del dottore mascherato. Anzi, a ben vedere qualcuno potrebbe azzardare l’ipotesi che sia proprio il suo passaggio a provocare i variopinti conati.
Anyway, anyway, anyway
L’obiettivo dell’enigmatico figuro risiede in una precisa capanna: una ragazza giace contornata dai parenti in preghiera, coperta di pustole e livide macchie pestilenziali, affannosamente febbricitante, avvolta nell’angoscia di un doloroso decadimento. Occhi stralunati da una parte, suppliche disperate dall’altra, il crepitare di un fuoco a rischiarare il giaciglio malsano della giovane sventurata.
Secondo qualche contorto principio omeopatico, l’intruglio curativo del medico sfrutta gli stessi colori delle emissioni gastrointestinali dei pazienti: una goccia di rosso, due altre di indaco, un poco di ocra e la pozione è pronta. Dopo una bella sorsata e un estratto dall’Apocalisse di Giovanni, la ragazza si rialza come per miracolo, colta da un’improvvisa frenesia. Inizia quindi a danzare convulsamente. E con lei tutti gli astanti cominciano a ballare, incapaci di controllarsi, senza concedersi una sosta. Insomma, dalla peste nera si è passati alla famosa “dancing plague” di Strasburgo, la stessa che ha ispirato Jonathan Glazer per il suo corto 1518, girato durante il primo lockdown del 2020: uno dei più inquietanti e inspiegabili casi di isteria di massa della storia, un’assurda epidemia tersicorea dagli esiti addirittura fatali.
E se tutto questo non bastasse a catapultare lo spettatore in un clima da incubo febbrile, lo smascheramento del medico nell’ultima sequenza lascia il più terrificante degli interrogativi subdolamente insoluto… o quasi.
Solo la protagonista ne scorge il vero volto, e la sua espressione non può che ricordare quella di Mia Farrow nel finale di Rosemary’s baby.
A buon intenditor, poche parole.

DEERHOOF. PIETER DIRKX. 2012.

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