E ORA IL QUADRO E’ COMPLETO.
Su un tappeto di suoni sfocati di una nenia, all’inizio un po’ tetra e che poi prende un ritmo più deciso, ci troviamo catapultati nel bel mezzo di un coloratissimo ed eccentrico tableau vivant composto da figure dai body painting e costumi assurdi d’altri tempi, agghindate con vistose parrucche naif, dall’effetto di incontro/scontro tra pittura espressionista tedesca e art brut.
Solo il personaggio al centro tiene le palpebre abbassate, come a voler essere estraneo agli altri, ma una volta aperti gli occhi, si accorge di un’altra figura in penombra e in disparte che si volge verso di lui.
Dopo la breve e intensa presentazione, i personaggi timidamente si inseriscono nel repentino cambio di ritmo, attraverso brevi e ammiccanti gesti che risaltano il carattere grottesco e ipnotico della messa in scena, una carrellata di primi piani, di figure chissà di quale epoca, chissà di quale altra fantastica dimensione.
Con la definizione del tema principale del brano, a metà tra new wave e psichedelia, il protagonista biondo platino (Connan) si separa dagli altri, deciso a perlustrare in solitaria la vita reale in giro per la città, tra la gente, come un alieno pigmentato e incuriosito dalle vetrine, dalle metropolitane, dai parchi e negozi di Londra. Il vagare incerto e senza meta troverà il suo senso all’apparire della “donna delfino” tra la folla, una figura misteriosa e suadente che lo trascinerà in un lento inseguimento attraverso il bosco; anche se l’amore sembra non poter decollare per la sfuggevolezza della situazione, nell’epilogo, il nuovo tableau vivant manifesta ben altro.
CONNAN MOCKASIN. DANIEL BRERETON. 2010.