GOOD DAY TODAY / DAVID LYNCH (ARNOLD DE PARSCAU)

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E TOMMY PRESE IL FUCILE.

Non stupisce che l’autore della canzone in persona, quel David Lynch di cui qualcuno potrebbe aver sentito parlare, su un totale di 450 proposte, abbia selezionato il lavoro di Arnold de Parscau come video ufficiale del proprio brano. Il filmmaker francese deve conoscere fin troppo bene l’opera del poliedrico ideatore di Twin Peaks, e infatti il suo cortometraggio Tommy del 2011 (di cui la clip qui presente non è che un rimontaggio al servizio della musica) combacia mirabilmente con la poetica onirica e perturbante del maestro. Anzi, la voce filtrata ed evanescente di Lynch, che anela a una vana speranza nel grigiore di una base electropop da trance depressiva, sembra il perfetto complemento sonoro di quanto di visivo si staglia sullo schermo.
De Parscau ci racconta una storia semplice, un angoscioso, archetipico quadretto di famiglia disfunzionale nella sempiterna immagine di una cena in famiglia. C’è la figlia alienata che chatta sul cellulare nella sua bolla mentale, il padre padrone a capotavola con lo sguardo burbero perso nel suo mini-TV privato, la madre confinata ai fornelli che affoga i dispiaceri nella bottiglia fra una portata e l’altra, e infine Tommy, il figlio minore, che col viso desolato si fa carico del ruolo di osservatore interno mescolando distrattamente il suo parco piatto di minestra.
E anche se non si dovrebbe giocare col cibo, nessuno dei parenti batte un ciglio quando il ragazzino immerge nella zuppa la sua barchetta, sognando di chissà quali fughe in chissà quali mari.
A un tratto il piccolo legno si immerge un po’ troppo, e scompare sotto la poco invitante brodaglia. E va giù. Più giù. Ancora a fondo. Troppo a fondo. La mano di Tommy si inabissa con esso, e poi tocca al braccio, alla spalla, alla testa…
Come Alice passò attraverso lo specchio, così il pargolo finisce dall’altra parte del piatto. Ma laggiù non vi è traccia del paese delle meraviglie: quella è una finestra aperta sull’inconscio, laddove le paure e le peggiori certezze prendono forma e assumono le sembianze di un incubo.
Siamo sempre in sala da pranzo, ma sembra che il set designer di un film dell’orrore abbia dato una sistemata radicale all’arredamento e all’illuminazione.
Il telefonino della sorella le sta friggendo il cervello fino a farle sanguinare le orecchie.
Il televisore ha estirpato i bulbi oculari del padre impassibile.
La bottiglia ha ingoiato il grido d’aiuto della madre, mentre questa si accinge a servire gli occhi del marito che ha finito di friggere in padella.
Tommy abbandona il disturbante scenario, e, seguendo la stessa logica dei sogni, si ritrova a bordo di una barca. Qui i suoi familiari sorridono tenendosi per mano, in formazione simmetrica a incorniciare un fioccone rosso che squarcia le tenebre della notte. Poco più distante, una scialuppa porta alla deriva le macabre sagome dei medesimi, mutilati e sanguinanti come apparivano poco prima. Stanno gesticolando in segno di addio.
È ora dell’estremo saluto, è tempo di lasciar andare quei mesti ricordi.
Assistito dalla sua nuova gioviale madre, Tommy lancia una ghirlanda funebre in mare.
Un fuoco d’artificio esplode nel cielo nero.
Ma c’è qualcos’altro che esplode, dall’altra parte della minestra.
Stacco improvviso: Tommy ha un fucile fumante fra le mani. Sul lato opposto del tavolo il padre siede scomposto con un buco in pieno volto. Madre e figlia guardano il giovane omicida con freddo turbamento.
Alla fine è stato il grilletto dell’arma a parlare per il ragazzino, a gridare in sua vece un bisogno disperato di attenzione, a segnalare la sua infelice presenza in un microuniverso che cova la morte degli affetti.
E si può ora immaginare lo psicologo di turno domandare pacato: perché l’hai fatto, Tommy?
Probabilmente Lynch ha nascosto la risposta nel ritornello: I wanna have a good day today.

DAVID LYNCH. ARNOLD DE PARSCAU. 2011.

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