TOO FAST / SONDER (NOAH LEE)

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UN DOLOROSO PRESAGIO.

Un racconto in cui si respira un’atmosfera triste, avvolta da immagini simboliche di un destino che già dai primi istanti appare ineluttabile.


Difficile trarne una chiave di lettura univoca e condivisibile, se non attingendo ad un bagaglio di impressioni a caldo, reminescenze di racconti sulla condizione della povera gente oppure aggrappandoci ad immagini impressionanti che alludono ad altro, ad un travaglio personale col suo carico di traumi e di dolore.


Su una timida melodia per chitarra che accompagna una voce dimessa, un ragazzetto nero a torso nudo si risveglia in riva al mare e in mano stringe il proprio cuore ancora pulsante, l’enorme cicatrice che ha sul petto è aperta e non c’è da meravigliarsi se il viso è cupo e sofferente; come ripresosi dallo sconvolgimento della sua condizione, il ragazzo con cuffie e walkman si mette in sella alla bici e riprende a pedalare senza meta tra i filari della piantagione.


Con un salto temporale, si vede lo stesso protagonista, ora giovane uomo e ancora con il walkman dell’infanzia, dormire in posizione fetale in mezzo a una campagna risecchita e abbandonata, in attesa di riprendere a condurre al pascolo un numeroso gregge.
Lo si rivede poi, ancora poco più che bambino mentre raggiunge una roulotte quasi abbandonata, che da rifugio si tramuta subito (come dietro una specie di “cabina di regia”) in una finestra su un qualcosa di fortemente scioccante e che segna il nodo del suo passaggio all’età della consapevolezza, dell’impossibilità di cambiare ciò che è stato e ciò che sarà, in una rassegnata premonizione della sua resa finale e nel suo rifugiarsi finalmente in seno alla terra, che lo accoglie tra le radici e la vegetazione, come una madre che tiene a sè il figlio.

SONDER. NOAH LEE. 2017.

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