HANDS / ALPINE (LUCI SHRODER)

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È OKAY SENTIRSI COSÌ.

Osservando il video di Luci Shroder, qualcuno potrebbe sospettare che Yorgos Lanthimos abbia occupato abusivamente il set fotografico di David Hamilton.

Il bianco regna incontrastato in scena, dove numerose giovani donne, bellissime e trasognate, vivono nella stasi della quotidianità, racchiuse entro i confini di un elegante quanto asettico dormitorio femminile.

Ogni dettaglio nelle immagini sembra un’ode al gentil sesso, al suo travolgente magnetismo erotico, al piacere della sensualità – e della scoperta di quest’ultima – che pur avviluppandosi all’amore fisicamente inteso finisce per superarne i limiti terreni.

Dettagli conturbanti sui vestitini attillati delle protagoniste si alternano a primissimi piani sui loro visi alienati.

Siparietti grotteschi e surreali si susseguono nella logica di cui sono fatti i sogni, piegati alle liberissime leggi del simbolismo.

Si passa dalle inquietanti camminate di una ragazza con un’ascia fra le mani alle curiose attività di pesca e pattinaggio nella piscina della struttura, dai creativi spuntini nella vasca da bagno – a base di hamburger, fragole e crespelle – alla poco pratica usanza di soffiare con una cannuccia nei bicchieri di latte, dai banchetti ferini con pezzi d’anguria ai falò di scarpette in giardino.

L’esplicito è bandito, alla stregua delle figure maschili, che sopravvivono come piatte figurine sulla faccia di un televisore, vero e proprio oggetto di culto delle fanciulle.

In scene che ricordano il Videodrome di Cronenberg, le vediamo pomiciare con lo schermo, riunirsi sinuosamente attorno allo stesso ad ascoltare le voci delle due cantanti degli Alpine, contemplando i volti virili dei componenti del gruppo.

Alcune ragazze si radono invisibili peli sul mento, altre innalzano i baffi al rango di feticcio, e una di loro se ne fa addirittura crescere un paio, ben curato per di più!

C’è comunque chi ha altri feticci, e preferisce intrattenere rapporti orali con il manico dell’ascia: Freud andrebbe in brodo di giuggiole.

L’intensità della canzone sembra andare di pari passo coi movimenti di quei corpi candidi. Vediamo le pulzelle amoreggiare con specchi e finestre, assaggiare la propria pelle e concentrarsi sulle loro mani.

Polsi e polpastrelli passano sotto le carezze delle labbra e delle lingue, in un crescendo ritualistico, che carica di tensione l’aria in vista di un’inevitabile esplosione.

E quando la suddetta esplosione arriva, dopo 3 minuti e 12 secondi, gli sguardi estasiati e orgogliosi delle signorine sono sufficientemente eloquenti.

L’essenza sfuggevole e avvolgente di un orgasmo, forse il primo mai provato: travolgente come un sogno senza risveglio, enigmatico come una piccola morte.

ALPINE. LUCI SHRODER. 2012.

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