NICE TO HAVE / 070 SHAKE (CHRISTOPHER RIPLEY)

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LA VITA E LA MORTE IN UN ISTANTE SENZA TEMPO.

Mi tornano in mente i tempi della scuola, guardando il video di Christopher Ripley.

Non che maestri e alunni facciano in qualche modo parte delle immagini mostrate, o siano coinvolti nella vicenda narrata.

Ma ripenso al giorno del tema in classe, quando l’insegnante esibiva una fotografia o leggeva un articolo di giornale, e invitava gli studenti a riempire le canoniche tre colonne gettando su carta impressioni, idee, considerazioni in materia.

Immagino il professore di italiano, quello alternativo ed eccentrico che intona i sonetti con la verve di Robin Williams, in piedi dietro la cattedra, col tablet proteso verso gli allievi e il qui presente videoclip già pronto a partire.

In uno splendido piano sequenza, seguiamo il percorso di uno spettatore invisibile, che passa in mezzo a due file di macchine bloccate in un tunnel, fluttuante come un fantasma. Ciascun movimento della camera corrisponde a un cambio di direzione dello sguardo, che palleggia da destra a sinistra, da sinistra a destra, scrutando la vita che scorre al ralenti dietro i finestrini delle vetture.

Ogni finestrino è una storia a sé.

Ogni piccola realtà che si evolve e si consuma fra le portiere delle auto ha un passato e un futuro individuali, ma in questo momento tutte convivono in un presente sospeso.

Sembra quasi di vedere un riassunto musicale del film L’ingorgo di Comencini.

E allora, direbbe il professore ai suoi scolari, scegliete una di queste storie, e traetene un racconto.

Perché quella donna tira un bicchiere d’acqua in faccia al suo compagno, mentre il loro bambino sul sedile di dietro agita un sacchetto contenente un pesciolino rosso? Hanno vinto il pesciolino a una fiera? Perché stanno litigando? Dove sono stati, dove sono diretti?

Che ci fanno due ragazzi innamorati sul tettuccio di un’auto? Come si sono conosciuti? Da quanto tempo aspettano che la coda avanzi?

Chi è la ragazza che viaggia con due cani? Avrà una famiglia? Sarà soddisfatta del proprio lavoro?

Quante vite possono incrociarsi a bordo di un autobus?

E non dimentichiamo che, per ogni macchina inquadrata, ce n’è almeno un’altra sul lato opposto della strada. Vorremmo voltarci e osservare anche quella, per non farci sfuggire un solo dettaglio. Ma non possiamo: dobbiamo andare avanti, procedere verso l’origine dell’intasamento. Camminiamo lungo il corridoio d’asfalto, accontentandoci di ciò che la macchina da presa ha deciso di catturare col suo occhio vorace.

Non c’è tempo per tornare indietro col cursore del video: il filmato si può vedere una volta sola, concentratevi su ciò che vi colpisce e scrivete di getto, direbbe il professore.

Chissà, magari qualche studente deciderà di spingersi oltre, di sollevarsi dalla strada e, anziché limitarsi a questo o quel finestrino, dare un’occhiata più ampia a quel che accade nella galleria.

A circa metà video, l’obiettivo indugia sulla rapper Danielle Balbuena (alias 070 Shake), mentre intona la sua stessa canzone. Ed è qui che il senso di tempo, l’empirico susseguirsi degli istanti che sperimentiamo di continuo, il logico nel cronologico, cessano di esistere.

Subito dopo, scopriamo la causa di quel blocco di traffico: un incidente fatale. Un’auto si è schiantata contro il furgoncino di un fiorista. Il cadavere di una ragazza giace sul cofano, immortalato in un attimo infinito.

Ma quella è proprio Balbuena!

Fino a un secondo prima cantava distrattamente al volante della sua macchina, ora resta supina in un nugolo di fiori, terra e sangue.

E continua a cantare, nondimeno.

Accanto alla distruzione si ergono le figure di quattro “addetti ai lavori”: un fotografo, un cameraman, un tecnico del suono, una giornalista.

Cacciatori di sensazioni forti, cuochi grossolani pronti a impepare, spadellare e servire le immagini clamorose di cui il pubblico è ghiotto.

In fondo, non è proprio la voce morbosa della curiosità che, volenti o nolenti, invoglia noi spettatori a ficcare il naso fra autisti e passeggeri di quelle auto ferme?

Dalle loro espressioni sgomente, sembra quasi che i membri della troupe stiano assistendo alla tragedia per caso, come se fossero già sul luogo al momento dello schianto.

Nel posto sbagliato al momento sbagliato. O nel posto giusto al momento giusto, a seconda dei voyeuristici punti di vista.

Il tempo ormai non ha più un significato, il video stesso sembra autofagocitarsi, assimilarsi e rinascere in forme e dimensioni completamente diverse.

Diapositive angosciose del corpo senza vita seguono lo schianto e la caduta della ragazza sull’asfalto. Chi ricorda il famigerato sito Rotten sentirà un brivido lungo la schiena.

Stralci di riprese in Super-8 passano alla moviola esplorando il drammatico scenario.

Video in 4:3 girati su VHS.

Pellicola bruciata e graffiata.

La voce di Danielle arriva al rallentatore, mentre la troupe della reporter resta immobile: la sigaretta del microfonista è bloccata a mezz’aria, la bibita che l’operatore sta rovesciando pare congelata in uno spruzzo di cristallo.

È forse questo che prova il cervello di una persona che muore?

È questo che osserva un’anima nel momento in cui si stacca dal corpo?

E mentre un cuore si ferma, un altro comincia a battere: in una di quelle macchine dal motore spento, una mamma stringe fra le braccia il neonato che ha appena partorito.

Bambini ridono inconsapevoli del male che regna nel mondo.

Un uomo solo e trasandato sbircia le foto osé sul giornale.

Due anziani si scambiano teneri baci, forse ricordando i tanti momenti felici passati insieme in gioventù.

Mille vite, mille generazioni, mille sguardi e mille verità che in essi si riflettono.

Professore, temo di aver bisogno di un altro foglio protocollo.

070 SHAKE. CHRISTOPHER RIPLEY. 2019.

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