PACANY II / GONE.FLUDD (FELIX UMAROV)

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HEADS JUST WANT TO HAVE FUN.

L’idea che una testa mozzata possa essere mantenuta in vita senza un corpo sotto il collo ha affascinato scienziati e scrittori positivisti sin dai primi anni dell’800. Sì, anche prima che Mary Shelley portasse alle estreme conseguenze la questione col suo moderno Prometeo.

Il passo da teoria a pratica è stato breve: di lì a poco, discutibili esperimenti su cervelli di animali separati dal resto dell’organismo hanno riempito i diari e i resoconti di chi esplora i misteri della vita (o della morte, poco cambia). Certe testimonianze audiovisive recuperabili in rete basterebbero a togliere il sonno per notti intere.

Per fortuna l’inarrestabile universo della fiction ha sdrammatizzato la spinosa questione da tempi immemori. E così, fra le teste in vitro dei presidenti in Futurama e la capoccia del Führer custodita dai suoi nostalgici scagnozzi in They saved Hitler’s brain, la tradizione dei cervelli viventi, pensanti e parlanti si è fatta un po’ meno cupa.

L’immagine di un contenitore trasparente, in genere cilindrico, che racchiude una testa umana immersa in una soluzione conservante fa ormai parte della cultura pop e dell’iconografia sci-fi.

Proprio all’immaginario collettivo attinge il regista Felix Umarov per il concepimento del video di GONE.Fludd (all’anagrafe Alexander Alexandrovich Smirnov).

Nella clip vediamo il suddetto rapper, al top della truzzaggine, coinvolto in un tragico incidente d’auto. Al risveglio in ospedale scoprirà con sommo orrore che del suo corpo martoriato è sopravvissuta solamente la povera testa. Ma, come diceva l’angelo Clarence nel capolavoro natalizio La vita è meravigliosa, nessun uomo è povero se ha amici. E di compagni festaioli, il nostro ne ha a bizzeffe.

Ispira pietà mista a raccapriccio la condizione di questo giovane cantante che, nonostante l’inevitabile imbarazzo e le necessarie limitazioni, si lascia trascinare in party sfrenati, amori poco platonici, stordimenti passivi di fumo erboso.

Addirittura si presta come ciotola per il punch!

Sembra di risentire Oliver Platt nel film Lake placid, quando ricordando un vecchio sogno in cui dei bambini prendevano a calci la sua testa mozzata come fosse un pallone, ammetteva di sentirsene grato: almeno lo facevano giocare con loro. Ma i piaceri della vita passano attraverso le maglie di un filtro surrogante, così che a conti fatti nessuna delle “pazze gioie” di Smirnov sembra realmente goduta.

Un po’ alla stregua di quelle leccornie vegane che si presentano come il rimpiazzo salutista di salumi e latticini: per quanto nutrienti e saporite possano essere, carne e formaggi restano sempre un’altra cosa. Facile immaginare come possa sentirsi un artista musicale che passa in un istante dalla cresta dell’onda all’irrecuperabile fine della propria carriera.

Da fulcro dello spasso ad accessorio compatito, tristemente destinato a reinventarsi come grottesca effigie nostalgica da esposizione. E fa sorridere, ma amaramente, il testone del rapper confinato in un acquario insieme a una statuina di Psy e un troll danese, ormai ignorato dalla massa, condannato a un’eternità di giacenza nell’ospizio più umido che esista.

Ma tutto sommato, in un mondo riformattato dall’onnipresenza del web, in cui le relazioni interpersonali si sono trasformate in freddi allacci virtuali fra individui sempre più refrattari al contatto umano, isolati nei loro piccoli acquari privati, il buon Smirnov non sembra poi così solo.

GONE.FLUDD. FELIX UMAROV. 2021.

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