PIEGARSI ALL’INEVITABILE.
Una donna scalza e in vestaglia avanza lentamente come rapita da una strana attrazione, sulla riva di un’imponente scogliera sconvolta da un oscuro fenomeno che la respinge e la affascina nello stesso tempo.
Disseminati tra le rocce, oggetti e bottiglie di plastica sono come un presagio di quello che accadrà da lì a poco di fronte ai suoi occhi rapiti da un orizzonte post apocalittico,
sconvolto dalla presenza di un anomalo influsso astrale, che gradualmente si trasforma da leggera brezza a uno tsunami di plastica che come un rigetto contro le annose insensatezze dell’umanità, travolge l’intero paesaggio solcato da luci improvvise e ombre e squassato dall’impeto delle “onde” che travolgerà l’unica spettatrice che non vuole negarsi a ciò che ormai sembra ineluttabile.
Per dare risalto, attraverso la melanconica musica di Leifur James, al disastroso fenomeno di inquinamento dei fondali marini, il regista ungherese ha messo in opera una tecnica a metà tra live action e animazione, puntando su una struttura narrativa, una sorta di eco vengeance visionario e coinvolgente, evitando il solito retorico catastrofismo documentaristico attraverso una scelta estetica e cromatica (i vortici luminosi, lampi cosmici, il lucido brillio della plastica)
che va oltre l’impegno ideologico.
LEIFUR JAMES. BALÁZS SIMON. 2020.