HORROR ON-THE-ROAD… CON UN CUORE.
Grana inconfondibile da pellicola anni ’70, una strada dispersa nella campagna, un viaggiatore confuso che ha smarrito la rotta e segue l’unica strada percorribile a bordo della sua fida Cadillac, accompagnando col labiale una distensiva canzone da viaggio firmata J Travis.
Curiosamente, è proprio J Travis il bizzarro protagonista della vicenda. Non si sa dove sia diretto, né per quale ragione, ma dal look trasandato e dall’atarassia con cui si guarda attorno in cerca di un punto di riferimento, si evince che il cantante si stia semplicemente improvvisando avventuriero su quattro ruote.
Gli ingredienti per un buon road-movie ci sono tutti, e come ogni esponente del filone che si rispetti, il ritmo e il tono saranno dati dagli incontri che il nostro eroe comune avrà durante il trip.
Ed ecco che cambia il rullo: la canzone si arresta e in sua vece si innalza un brano strumentale ben poco rasserenante. Là, sul ciglio della strada, all’imbrunire della sera, una misteriosa sagoma punta la Cadillac e alza il pollice per richiamare l’attenzione del guidatore.
Chiunque bazzichi il thriller del secolo scorso non troverà difficile associare l’immagine di questo inquietante autostoppista a quella, ormai iconica, di Rutger Hauer nell’ottimo The hitcher – La lunga strada della paura.
Come l’ingenuo C. Thomas Howell caricava l’ineffabile e luciferino John Ryder pagandone le tremende conseguenze, così anche J Travis non nutre il minimo sospetto circa il sinistro figuro. Poco conta se l’omaccione in questione indossa una maschera da saldatore, veste di pelle nera e non spiccica una parola, limitandosi a scrutare il mondo con la fredda compostezza di un Michael Myers.
Lo sconosciuto monta sul sedile del passeggero, il conducente mette in moto: la corsa verso l’incubo può iniziare.
Oppure no…?
Con un bel twist beffardo, il duo creativo Ft. Langley decide di trasformare un caposaldo del cinema del brivido in una commedia amicale fatta di sing-along, spuntini a base di snack da minimarket, selfie con la polaroid e pause di ristoro in gelateria. Di chilometro in chilometro, i due compagni di viaggio condividono i piccoli piaceri di una vacanza su quattro ruote, formando un bonding destinato a durare in eterno.
Certo, il brutto vizietto del serial-killing, cui il minaccioso autostoppista non è immune, può causare qualche spiacevole imprevisto a camerieri e commercianti che avranno la sfortuna di imbattersi nella strana coppia.
Ma in fondo nessuno è perfetto: a chi spetta giudicare? Di sicuro non a Travis, che per quanti cadaveri il suo amico dissemini lungo il percorso, non si accorge mai di nulla!
Dopo giorni e giorni di risate e spensieratezza, il maniaco mascherato giunge a destinazione.
È arrivato l’inevitabile momento dei saluti, ma non è il caso di intristirsi: sfoggiando una voce degna di un boss finale di House of the dead, il pazzo omicida lascia l’attonito Travis con un dolce proverbio.
Per quante miglia possano trovarsi fra di noi, non saremo mai divisi: perché l’amicizia non si misura in miglia, ma con la forza del cuore.
Delizioso, almeno quanto il quadretto familiare che si presenta al protagonista nell’ultima scena: chi l’avrebbe mai detto che un autostoppista assassino potesse avere moglie e figli, e tutti con indosso una maschera da saldatore?
Le cose che scopri solo viaggiando.
J TRAVIS. FT. LANGLEY. 2019.