DIVERSI MODI PER FRIGGERE LA MUSICA.
Ciò che stupisce in questa clip di Swank e Cathcart, al di là dello strabiliante risultato visivo, è l’approccio inconsueto alla materialità per dar corpo alla musica di Jack White e band,
una rappresentazione minimale e scientificamente strutturata che di primo acchito potrebbe sembrare frutto di qualche magia in post produzione o di effetti e ritocchi volti a stupire l’occhio meno smaliziato, in realtà si tratta di un compendio di semplici esperimenti di fisica applicati a diversi materiali di comune reperibilità, ripresi da più angolazioni alternando dettagli e insieme, in un montaggio quasi chirurgico, abbagliato da luci strobo, secondo il gusto estetico di “ordine
nel disordine”, etereo e ipnotizzante.
La distorsione delle chitarre, la scansione dei colpi di batteria e il gain al massimo dell’amplificatore non fanno altro che esaltare ogni minimo impulso sui woofer posizionati in orizzontale, come delle piattaforme da cui prende vita un fenomeno vibratorio più o meno intenso, su cui sperimentare la reazione di fluidi colorati o granelli di zucchero che ad ogni variazione di suono e frequenza, assumono forme a volte caotiche, zampilli, coagulazioni ed esondazioni, e altre leggere e volanti, quasi impalpabili, ordinate in disposizioni e sequenze frattaliche, con risultato di magia caleidoscopica su una palette cromatica fatta di blu, bianco e nero.
Uno studio audiovisivo concettuale già presente in contesti legati all’arte contemporanea, ma qui liberato dalla cornice un po’ algida delle installazioni site specific e reso giocosamente fruibile, con la complicità del sound ferruginoso e graffiante dello strumentale blues.
JACK WHITE. BEN SWANK & JAMES CATHCART. 2014.
