CONCORDE / BLACK COUNTRY, NEW ROAD (MAXIM KELLY)

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FORMICHE DA LASSÙ

Qualche critico li chiamava “bug-eyed monster”, e negli anni ’50 impazzavano nelle pellicole fantahorror di serie B: umanoidi con occhi da insetto, preferibilmente di origine aliena, che davano filo da torcere a militari e scienziati prima dell’inevitabile sconfitta. Se nella maggior parte dei casi si trattava di creature temibili e invasive, ci sono state anche circostanze in cui i visitatori di altri mondi erano semplici ambasciatori o addirittura pacifici cosmonauti naufragati sulla Terra.

Proprio a quest’ultima categoria appartiene il protagonista del buffo ma delicato video di Maxim Kelly, che vede un disco volante atterrare rovinosamente su un campo inglese dopo essere stato colpito da razzi terrestri. Il pilota, uscito indenne dal malconcio velivolo, è un’enorme formica rossa antropomorfa, che finisce nelle poco amichevoli grinfie dei soldati umani.

L’aria goliardicamente surreale delle scene assume toni sognanti e malinconici grazie al sound lento, romantico e parimenti vigoroso dei Black Country, New Road, che per le doti espressive del cantante Isaac Wood, nonché per la tematica “spaziale” riporta alla mente un certo Bowie.

Restiamo in un tempo fuori dal tempo e in una Terra fuori dal mondo, in odor di distopia parodistica, mentre i Concorde che danno il titolo al brano e che si impongono come leitmotiv dell’album Ants from Up There sfrecciano in cielo, si schiantano ed esplodono, oppure passano sullo sfondo sotto forma di dipinti dada-magrittiani.

Gli stessi cattivi della situazione, capeggiati da una fredda comandante vestita di bianco, sembrano perlopiù dimessi e partecipi della solitudine opprimente in cui è precipitato il formicone. Se lo scortano con impassibile rigore verso la sua prigionia, fra location bucoliche e allevamenti di vacche, lo fanno per semplice senso del dovere.

Certo, magari qualcuno di loro si rivela più irascibile degli altri, e non si tira indietro quando un cazzotto in pieno volto sembra la via più breve al mantenimento dell’ordine. Tuttavia, il più delle volte, i cosiddetti villain osservano in silenzio un orizzonte lontano, contemplando una vaga speranza che sembra affievolirsi di ora in ora, o giocherellando da soli con barchette di carta nelle pozzanghere.

Insomma, non c’è da stupirsi se il compagno di cella del nostro detenuto mirmecologico indossi la stessa divisa dei loro stessi aguzzini.

E a che cosa pensa, frattanto, l’uomo formica? I piani sequenza del suo spiacevole soggiorno terrestre si alternano ai ricordi del proprio mondo, ai desideri del proprio ritorno, o forse ai rimpianti per attimi ormai irrecuperabili. Riflessioni dolci, persino commoventi, anche se le immagini di una formicona rossa con capelli femminei che si pettina al chiaro di luna (o qualsiasi fonte di illuminazione notturna abbiano nello spazio profondo) non può che far sorridere.

Mentre sulla Terra il plotone di esecuzione, con tanto di prete al seguito, si prepara a eliminare i due carcerati, imbracciando ridicoli fucili ad acqua color evidenziatore, l’immancabile deus ex machina si palesa sulle teste degli sventurati. Un disco volante giunge in soccorso e, sprigionato un raggio alieno, raccoglie l’incredulo eroe appena in tempo!

La villainess grida alle sue truppe di sparare, ma è ormai troppo tardi: la musica raggiunge il suo climax e la voce di Wood si infuoca di drammaticità, mentre l’UFO riparte per la strada di casa, riuscendo a eludere gli attacchi missilistici delle milizie umane.

Tutto è bene quel che finisce bene, e un gustoso trip dai sentori di sci-fi accortamente ingenua si è concluso. Chissà che fra qualche anno non ne facciano un sequel?

BLACK COUNTRY, NEW ROAD. MAXIM KELLY. 2022.

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