EVIL / INTERPOL (CHARLIE WHITE)

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PUPAZZI E SERIAL KILLER.

Ci sono video più creepy di altri, ma il livello quantitativo di “creeyptudine” non è l’unica variabile in gioco. Alcuni video inquietano prevalentemente in base a ciò che mostrano, altri per quello che comunicano, altri ancora riescono a turbare se si conoscono certi aneddoti da “dietro le quinte” circa la loro realizzazione, o su eventi successivi alla stessa.

L’opera di Charlie White (qui al suo esordio nel campo) si aggiudica in tal senso una bella tripletta.

Protagonista assoluto della clip è un terrificante pupazzo animatronico, coinvolto in un incidente stradale che ha probabilmente provocato la morte di almeno una persona. L’auto è ribaltata, polizia e paramedici costellano la zona, cercando di tenere a bada i parenti disperati della vittima, di chiunque si tratti.

Nel frattempo il nostro fantoccio, anch’egli ferito, canta i mesti versi degli Interpol rivolto a una certa “Rosemary”, estraniato dal resto della scena eppure piazzato quasi suo malgrado al centro di essa. La sua presenza è aliena, fuori posto: un cumulo di stoffa, pompe idrauliche e materie plastiche in un piccolo mondo di personaggi in carne e ossa, di cui il caos ha preso momentaneamente possesso.

Ma è soprattutto il suo aspetto a rovesciare brividi lungo la spina dorsale: quegli occhi enormi, persi e spaventati, un naso appena abbozzato, e la bocca spropositatamente larga, che quando si spalanca abbastanza scopre una dentatura di angosciante correttezza anatomica. I suoi movimenti scomposti, da spaventapasseri esposto al vento, non fanno che esacerbare il disagio nel pubblico.

Da semplice elemento architettonico, l’anonimo pupazzo riesce finalmente a catturare l’attenzione dei presenti: gli infermieri lo caricano in ambulanza, lo stendono e lo curano come un normale paziente. Anzi, come un paziente particolarmente grave che necessita di cure immediate: la trasferta in ospedale è d’obbligo, fra respirazione artificiale e non meglio definiti interventi chirurgici.

È strano: nonostante non sia cambiato nulla nel look dell’animatrone, e benché continui a intonare le sue strofe alla stessa maniera, ci pare sempre più vulnerabile, sempre più vicino alla fine. Niente in lui ispira vitalità, neanche quando al climax della canzone si drizza in piedi e si fa prendere dalle convulsioni, al cospetto del generale disinteresse dello staff medico.

Chissà, magari non è neanche sopravvissuto all’incidente. Magari è stato lui a causarlo. E magari le sue ripugnanti sembianze non sono altro che lo specchio di quella che a pochi istanti dalla morte deve essergli parsa come una colpa irreparabile. Il grido di disperazione lanciato da un’anima che non godrà della dolcezza di una pace eterna.

Ma sono solo speculazioni.

In effetti si può parlare di speculazioni anche quando ci si focalizza sul testo della canzone, piuttosto criptico, specie se legato al titolo, fra riferimenti religiosi e quell’apostrofe a Rosemary (ma spunta anche una Sandy a un tratto).

Molti appassionati hanno ipotizzato che gli ispiratori del brano siano i coniugi Fred e Rosemary West, amabile coppia inglese che torturò e uccise una decina di ragazze fra gli anni ’70 e ’80. E dietro “Sandy” potrebbe celarsi Sandra Good, della famigerata “famiglia” di Charles Manson.

Insomma, la canzone sarebbe un’elegia dedicata ai serial killer: decisamente creepy!

In qualche modo è inquietante anche un retroscena “storico”, che riguarda proprio la marionetta usata nel video.
Poco dopo la pubblicazione della clip, il pupazzo (battezzato “Norman” dal popolo del web, magari strizzando l’occhio a un altro serial killer di hitchcockiana memoria) è andato perduto e se ne sono perse le tracce per anni.
Quasi dieci anni dopo, nel 2014, è riapparso come oggetto di un’asta online, ormai deteriorato e anche più spaventoso di prima.
Nel lustro successivo è stato comprato e rivenduto da vari collezionisti, prima di essere infine acquistato dall’artista e youtuber John Kolbeck che l’ha restaurato e riportato sulla scena pubblica per la gioia dei fan.

Chissà che un giorno la storia di Norman non verrà sfruttata da qualche autore di creepypasta, un po’ alla maniera dei RayRay di Raymond Persi e della loro Torture soup

INTERPOL. CHARLIE WHITE. 2004.

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