ATTENTI AL COLPO DI CODA!
Ed ecco l’ultima, decisiva scena del film, in cui il protagonista urlando spara in testa al villain di turno per salvare la propria amata, che gli andrà incontro avvolgendolo con un tenero abbraccio, e, dopo una serie di promesse sdolcinate ricambierà con un bacio e uno sguardo vagamente deluso.
Siamo sicuri che il film sia proprio finito, o riserverà qualche sorpresa al comparire dei titoli di coda, qualche colpo di scena piazzato ad hoc per lasciare l’azione ancora aperta e incuriosire di nuovo?
Avete presente quei chilometrici titoli di coda inseriti per non tralasciare nessuno di quelli che in qualche modo hanno collaborato alla riuscita della pellicola, dalla star al trovarobe? Se per il cinefilo più accanito è impresa ardua star dietro allo scorrere della fuggevole lista, figuriamoci per lo spettatore per niente interessato, che normalmente non vede l’ora di alzarsi e filare via alle prime luci in sala.
Ecco, Keith Schofield gioca provocatoriamente su questo comunissimo fenomeno, ironizzando sulla performance del protagonista costretto a tenersi occupato e a improvvisare per tutta l’ imprevedibilmente lunga, durata dei titoli di coda, dalla consistenza fisica di un “montacarichi” talmente ingombrante e pericoloso, da indurre all’esasperazione e alla ribellione.
Tutto questo, sullo sfondo di una patina un po’ zuccherosa anni ’80, accompagnata dall’insistenza del ritornello cantato da Kravitz, su un acuto sassofono anche questo terribilmente anni ’80 mixato dai francesi Justice.
LENNY KRAVITZ & JUSTICE. KEITH SCHOFIELD. 2009.
