WORK WORK / CLIPPING. (CARLOS LÓPEZ ESTRADA)

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FRA RATTI E SCARPONI.

Quando la scena di apertura di un videoclip è una microchirurgica ripresa all’interno di un buco fognario che brulica di ratti albini, è evidente che il regista non abbia intenzione di trattare il suo pubblico a moine e carezze.

Se poi, con un virtuoso piano sequenza, la camera si allontana dall’escrementizio nido di roditori rivelandone l’ubicazione nientemeno che in un corpo umano, il disgusto surrealista ha fatto jackpot.

Ed è così che l’occhio della cinepresa, fuoriuscito direttamente dalla bocca di Daveed Diggs, frontman dei clipping., spalanca gli orizzonti visivi e svela a poco a poco la disturbante bizzarria dell’intero quadretto, andando ben oltre l’appeal orrido delle pantegane.

Siamo in un parcheggio all’aperto, tra le vie malfamate della grande città, una brutta notte come tante altre. Il rapper è sdraiato a terra, prono, e ha i denti posati su un cordolo di cemento. Il suo canto suona come una bislacca filastrocca in crescendo. Perché si trova lì? Come ci è capitato?

Man mano che l’autore del video Carlos López Estrada sposta la macchina da presa attorno al protagonista, continuando ad aggiungere pezzi al singolare puzzle, scopriamo che Diggs non è solo in campo: accanto a lui – o meglio, sopra di lui – si erge la cantante Cocc Pistol Cree, che lo tiene in scacco sfiorandogli la nuca con uno dei suoi scarponi.

La robusta suola oscilla come una spada di Damocle sulla testa dell’artista disteso, sollevandosi lentamente per prepararsi a scattare. Chi ha visto American History X di Tony Kaye, non potrà non ricordare una situazione affine che vedeva coinvolti Edward Norton e un inerme ragazzo di colore: il “crack” della mandibola rotta con una pedata sul gradino del marciapiede riecheggia dolorosa nella memoria dello spettatore per giorni interi.

Il timore che quel suono di ossa spezzate possa ripetersi da un momento all’altro è un vero mantice per il focolare della tensione!

Mentre un paio di loschi individui si approssimano in auto lì vicino, in attesa che la ragazza adempia al proprio fatale compito, Diggs sembra ormai conscio del proprio destino, fermo come un agnello sacrificale sull’altare del degrado metropolitano.

Storie di droga, storie di vita da strada fra regolamenti di conti e vendette reciproche, storie di gente condannata a un’esistenza di povertà, che sia spirituale o pecuniaria.

Infine il piede si abbassa all’istante sull’immota vittima: qualunque fossero le sue colpe, è finita. L’esecuzione è portata a termine, ma i suoi effetti sono (grazie al cielo!) molto meno grandguignoleschi di quanto l’immaginazione lasciasse prevedere.

Niente spargimenti all’emoglobina o dettagli anatomici: la testa di Diggs si frantuma letteralmente come un vaso di ceramica, con mille cocci sparpagliati sull’asfalto! Che si tratti di una censurante licenza artistica o di un’ironica metafora sulla vuotezza esistenziale di certi reietti della società, la sorpresa spiazza e, in un certo senso, diverte.

Quasi a voler chiudere con un degno finale circolare, i ratti imprigionati in quel misero corpo sbucano dal collo spaccato come una fiumana di fuggitivi, confusi e disorientati. Sembra di assistere al rifacimento sorcino di una scena di Creepshow di George Romero.

Cocc entra nell’auto che l’aspetta, e i tre si avviano per destinazioni ignote, lasciando il decapitato corpo a giacere sul proprio ventre.
Quasi a voler aggiungere una postilla finale al patetico percorso di declino fisico e morale di quell’anima miserabile, la salma del cantante si rialza, e, dopo aver barcollato pochi passi indietro, atterra rovinosamente in mezzo a un mucchio di rifiuti.

Spazzatura, nient’altro che spazzatura. E solo i topi restano a piangere.

CLIPPING.. CARLOS LÓPEZ ESTRADA. 2014.

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