CENTRO DI GRAVITA’ SEMOVENTE.
Un’enorme sfera nera venuta dal cielo, precipita su un terreno desertico e tutti i detriti, i minerali e le particelle che la circondano, vengono improvvisamente attratte come guidate da un istinto di aggregazione, seguendo la sua traiettoria irresistibile e misteriosa, mentre all’intorno, la terra comincia a ribollire, a sfaldarsi, a creparsi.
L’oscura sfera col suo campo magnetico, solca il terreno imperterrita, lungo una linea retta perdendosi all’orizzonte, in un lento zigzagare, come spinta da uno stercorario fantasma, origina da sè un agglomerato di tentacoli filiformi che si ramificano e si insinuano tra le crepe, mentre suolo e sottosuolo mutano radicalmente forma, dando vita a un nuovo paesaggio fino a creare onde rocciose che si ripiegano al suo passaggio.
La musica strumentale di Leifur James intanto si carica di tensione, con un grappolo di note vetrose al pianoforte che seguono la sfera nella sua dinamica, dall’alto o nei dettagli, fino a quando essa non ritorna a fluttuare nell’aria, portando con sè tutta la materia intrappolata, come in una pesca a strascico, in cui si intravede un’imponente sagoma antropomorfa fatta di rocce e detriti pulsanti, strappata dall’inerzia dell’inanimato e sospesa in aria come un prototipo primordiale che si evolve dal fango a qualcosa di vivente e cosciente, fino a liberarsi da quegli stessi lacci che lo hanno generato.
Una clip di animazione 3D enigmatica ed evocativa, per un’ambientazione tra l’arcaico e l’avveniristico, per riprendere una tematica con rimandi alla Genesi da un lato e, dall’altro, suggestioni avvolte da una patina fantascientifica vagamente retrò, ma dall’imponente messa in scena.
LEIFUR JAMES. BALÁZS SIMON. 2019.