A HERO’S DEATH / FONTAINES D.C. (HUGH MULHERN)

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DIETRO LE QUINTE DELLA FOLLIA.

Georgie Barnes è l’acclamato host di un talk show televisivo alla David Letterman, una di quelle allegre trasmissioni che il pubblico segue e ama anche dopo decenni di programmazione. Da poco è stato affiancato da un pappagallo di nome Marty, un burattino blu che si rende protagonista di sketch irresistibili. Tutto procede per il meglio: la gente applaude, Georgie sorride e ringrazia.

Ma quelle tende rosse sullo sfondo non traggono in inganno nessuno: quello non è un buffo show serale, ma un incubo uscito dal repertorio psichico di David Lynch! E le distorsioni sonore che accompagnano la dissolvenza su un’informe foto d’infanzia del presentatore, opportunamente virata allo scarlatto, confermano l’inquietante sensazione.

Parte la batteria dei Fontaines D.C., che con l’ossessiva e calzante cantilena spoken word di Grian Chatten, nel suo inconfondibile accento irlandese, commentano il video diretto dal talentuoso Hugh Mulhern.

Il regista ci trascina nel regno oltre le tende, in quel misterioso dietro le quinte che raccoglie il vecchio Georgie fra una diretta e l’altra. Si palesa una realtà molto meno vivace, molto più angosciosa, di quella ripresa dalle telecamere.

Sorrisi allo specchio, rituali di auto-incoraggiamento, un cioccolatino per darsi la carica, e si può partire. Barnes è elegante, impeccabile, sicuro di sé: attraversa come ogni giorno l’angusto corridoio che separa il suo camerino dalla sala di ritrovo del cast artistico, si scambia uno sguardo sprezzante col rozzo inserviente di turno, quindi si getta giocondo fra i colleghi. Come sempre.

Ma questi non sembrano entusiasti di vederlo. Il peso della routine incombe sui loro volti, il tedio micidiale di una sequenza che ormai sembrano rivivere da una vita, il fastidio suscitato da quella faccia calorosa che non sembra avere un problema al mondo, ormai sinonimo di odiosità.

Per fortuna Marty spezza l’imbarazzo: il divertente pennuto, col suo trasandato burattinaio al seguito, intrattiene gli artisti eclissando completamente la presenza di Georgie, che osserva con un malcelato disappunto.

Ma poco male: una piccola pausa di riflessione in solitaria, e il nostro inaffondabile host è pronto a rimettersi in gioco. Anzi, si trova pure un ritaglio di tempo per fare il piacione con l’algida e sexy assistente di scena quando la incontra per le scale.

Ma bando alle ciance, si va in onda: e il sorriso di Barnes si congela, mentre viene letteralmente inghiottito dalle fauci sanguigne della luce rossa.

Si riparte, come ogni giorno: sorrisi allo specchio, rituali di auto-incoraggiamento, un cioccolatino per darsi la carica. Ancora il corridoio, di nuovo l’inserviente, gli stessi colleghi annoiati, e così via. Ma qualcosa è cambiato. Qualcosa sta cambiando. L’inserviente sfoggia un viso diverso, mostruoso; e Marty ha un taglio di piume differente sulla testa; persino il burattinaio pare più composto, ordinato.

Che succede, Georgie? Non sarà che la tua integrità mentale sta perdendo i colpi?

Be’, sembrerebbe di sì, dal momento che la sua asfissiante routine, ormai degna di un loop tipo Ricomincio da capo, si sta popolando di creature deformi che sembrano uscite da qualche delirio visionario di David Cronenberg.

Ogni giro è peggio del precedente: volti liquefatti in stile L’uomo di cera, goliardici ciclopi ad altezza d’uomo, l’assistente che invecchia in un batter di ciglia fino a trasformarsi nella definizione personificata di “creepy”.

E soprattutto il pupazzo.

Quel maledetto pupazzo, che adesso somiglia beffardamente al vecchio Barnes. Il marionettista veste gli stessi abiti del presentatore, è curato e azzimato, un vero showman. I colleghi ridono sguaiatamente, e una cornacchia giocattolo strappa le interiora del piccolo burattino.

Ma Georgie guarda e assimila, non si stupisce né si turba, non fa motto. Lui è un professionista. Il backstage non è il mondo reale: è il palco il suo impero, è lì che vive il vero Georgie Barnes. Nessuno potrà mai sostituirlo. Sentilo, il pubblico! Com’è felice.

Se mai Mulhern decidesse di lavorare a un lungometraggio, si spera davvero che un ampliamento di questa clip venga preso in considerazione!

FONTAINES D.C.. HUGH MULHERN. 2020.

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