EPPURE GRIDA DI SENTIRSI BENE (!?)
Un trucido motociclista solitario dopo una sosta per fare benzina, imbocca a tutta velocità un lunghissimo rettilineo a bordo del suo inseparabile chopper.
Il tragitto si presenta sin da subito ostile, una striscia di asfalto che taglia paesaggi desertici, aree contaminate e zone minate, ma anche parchi a tema tra cartelloni pubblicitari e indicazioni stradali.
“Goddamn, I’m feeling good!”
“I’m alright! I’m alright!” “I’m alright! I’m alright! Woo!”
“I’m feeling mani-fucking-fique!”
Nulla però sembra scoraggiare la caparbietà del centauro, che giù a tavoletta continua a macinare miglia urlando parole piene d’astio, su ciò che prova durante questa fuga, che riepiloga difficoltà, cadute e trappole di una vita al limite, parole sparate al vento tra la barba scomposta e il lerciume tra i denti.
Il tempo scorre, il giorno e la notte si alternano e il viaggio palesemente altera e consuma la fisionomia dello scorbutico protagonista che comincia a perdere letteralmente i pezzi per strada, prima la camicia e i pantaloni, poi capelli, barba e peli del corpo, poi strati di pelle compresi i tatuaggi, muscoli, cartilagini, organi, frattaglie e umori, squagliandosi a vista d’occhio fino a diventare un mucchio di ossa, come il personaggio de “l’uomo di cera” “disfatto” superbamente dal mago del make-up Rick Baker.
Uno sbalorditivo uso della stop motion, ad opera di una artista londinese dallo stile dark e truculento che non ci va per il sottile e un gusto per il disfacimento fisico e lo splatter estremo, che può essersi ispirata al mondo favolistico di Tim Burton, ma (in questo caso) con un fine più radicale e ideologicamente indirizzato.
IDLES. EDIE LAWRENCE. 2022.