FREUD, IL BRANCO E LA STREGA.
Il 2022 non si sta di certo rivelando un anno felice, né dal punto di vista geo-politico né da quello socio-economico, ma almeno sul piano musicale ci sta regalando diverse perle.
Una di queste è il ritorno degli Yeah Yeah Yeahs, dopo nove lunghissimi anni di iato.
Pubblicato alla fine del settembre scorso, il loro nuovo LP “Cool it down” ci lascia sprofondare proprio come in passato (ma meglio che mai) nelle atmosfere oniriche, intime e surreali di una band che ha fatto la storia della scena alternative rock, grazie a “Spitting off the edge of the world” e “Burning”, i due singoli estratti finora. Oggi, tuttavia, è bene fare un salto indietro nel tempo per comprendere, e ricordare, quanta cura la band abbia sempre avuto nei confronti dei suoi prodotti video.
E a titolo d’esempio non si può che menzionare il piccolo cortometraggio che accompagna “Sacrilege”, la opening track dell’album “Mosquito”, uscito ormai nel lontano 2013.
La clip del brano – prodotta, girata e montata dal collettivo francese Megaforce – è puro cinema, e rientra a pieno diritto nel grande corpus di prodotti video-musicali a cui si sono dedicati anche registi di prima fascia, quali Spike Jonze (con “Weapon of choice” di Fatboy Slim) o Anton Corbijin (durante la sua inossidabile collaborazione con i Depeche Mode).
Con evidenti richiami ai ritmi e alla narrativa dell’ “Irréversible” di Gaspar Noé (2002), la storia sviluppata in “Sacrilege” percorre a ritroso la tragica fine dei suoi protagonisti, due innamorati, rimasti vittime di una sorta di brutale caccia alla strega organizzata dalla loro stessa comunità, e con il benestare della polizia.
La “strega” in questione, interpretata dall’ultraterrena Lily Cole (già modella per il calendario Pirelli 2010 e attrice non protagonista nel “Parnassus” di Terry Gilliam), amplifica, nella sua conturbante bellezza, la spirale di una violenza che procede in un serratissimo susseguirsi di pestaggi, tradimenti e rapporti promiscui. Così i fortissimi contrasti, quasi caravaggeschi, nell’uso della luce e i mostruosi primi piani alla Dreyer inanellano un “cinedipinto” in cui
questa donna – considerata tanto una minaccia quanto un oggetto del desiderio – si muove all’interno di uno scenario dove il conturbante e la ferocia dell’ipocrisia borghese collassano in un cortocircuito dalle tinte freudiane.
La potenza di “Sacrilege”, infatti, sta proprio nell’ambivalenza dei suoi significati.
L’intera storia può essere elaborata sia come una letterale caccia all’anomalo, dove, pur mitigata dal senso di colpa e dalle lacrime di coccodrillo, è la collettività ad avere la meglio sul “singolo” in una sorta di Antigone al rovescio, ma anche come grande allucinazione sociale, all’interno della quale ognuno dei personaggi possiede, stupra, almeno mentalmente, la “strega” – sfruttandola come fantasia d’evasione, come transfert – e al contempo la rende inerme, danneggiabile, addirittura de-virilizzandone il legittimo compagno (anzi, marito, come si scopre nel finale stesso del video).
Ad avvalorare la seconda tesi, quella legata alla sfera degli impulsi collettivi, sicuramente contribuiscono i simboli disseminati nella clip, primi fra tutti l’abito nuziale – a porre l’accento sulla brama della cittadina di “inquinare” e rendere terreno qualcosa di apparentemente irraggiungibile – ma soprattutto la maschera da Tengu utilizzata dai poliziotti per brutalizzare il volto del marito della ragazza; nel folklore giapponese, infatti, i Tengu sono yōkai (spiriti)
associati all’orgoglio e alla vanità, e in questo caso ben rappresenterebbero la hybris dello sposo che fa sfoggio della moglie lungo la navata della chiesa – proprio quel “sacrilegio” che i nemici della storia hanno voluto punire a ogni costo.
“Sacrilege”, dunque, sarebbe già perfetto così com’è, persino senz’audio, ma sono la voce affilata di Karen O, le percussioni incalzanti di Chase e il crescendo di cori gospel sul finale a renderlo quel capolavoro che è.
Una piccola tragedia greca, fatta di musica e cinema.
YEAH YEAH YEAHS. MEGAFORCE. 2013.