LA QUINTESSENZA DELLA SHARKOFOBIA.
Sarà un luogo comune da cinefili, ma è logico che Steven Spielberg abbia influito non poco sulla cattiva nomea che circonda gli squali. Bestioni di sette metri e oltre la cui unica missione è avventarsi sulle carni di ignari bagnanti, che divorano qualsiasi cosa abbia la sfortuna di incrociarli, che avvertono la presenza di una goccia di sangue nell’acqua a chilometri di distanza.
Ovviamente simili mostri nuotano nell’immaginario collettivo, e non certo nei nostri mari. Ma anche se ormai, a furia di documentari e divulgazioni scientifiche, la pericolosità riconosciuta dei pescecani si è ridimensionata, il cinema resta una fonte inesauribile di pescioni azzannauomini, addirittura capaci di invadere città, volare e teletrasportarsi!
Molti registi amatoriali sembrano essersi lanciati da anni in una sfida a chi la spara più grossa, ed è per questo che si hanno titoli quali Sharkula, Sharkenstein, Shark exorcist!
Ma c’è un misconosciuto prodottino svedese del 2012 che ha un modo tutto suo di affrontare l’argomento: Jaws of the shark di Gustav Ljungdahl si serve infatti di un uomo-squalo armato di motosega, ossia un volenteroso attore dotato di uno dei costumi più ridicoli di cui si serbi il ricordo. Gustarsi questa scalcinata mascotte squalesca che addenta e tagliuzza giovinastri è una manna per i fruitori del trash!
Ma c’è chi, ancora prima di Ljungdahl, aveva sfruttato la figura di un pescecane antropomorfo – e oltremodo pupazzesco – in maniera umoristicamente assai più fine. È il caso di Cat Solen, che dirige per un calzantissimo brano dei Local Natives il qui presente videoclip.
La vicenda è in fondo elementare: un povero giovanotto si ritrova perseguitato da un misterioso squalo bipede (dal look si direbbe un giocattolo gommoso di dimensioni umane), che non lo perde mai di vista.
Qualche bracciata in piscina, ed ecco spuntare la spina dorsale nella vasca! Una breve sosta in un parcheggio di notte, e il parabrezza si ritrova tempestato di pesci morti! Neanche un momento di intimità con la fidanzata può essere consumato in santa pace, giacché il cartilagineo terzo incomodo si ficcherà puntualmente nel letto della coppia.
Ma chi è questo dentuto stalker? Esiste realmente? O è solo la proiezione delle paure subconsce del nostro protagonista? Magari proprio quelle che il vecchio Spielberg ha contribuito ad alimentare. Un’allucinazione perversa, tanto per restare in tema di film horror.
La vita del meschinetto cade letteralmente a pezzi, lo squalo diventa la sua ombra, il suo Harvey maledetto, il suo temibile accompagnatore.
Il risultato? Una storia d’amore incrinata, party con amici abbandonati di punto in bianco, una minaccia costante e incombente che fa sembrare qualsiasi vicolo buio una via d’accesso per l’oltretomba. Fughe, paura, disperazione.
Ma quando è troppo è troppo!
Non si può vivere nel terrore, sottomettersi ai propri timori irrazionali, chiudersi in se stessi aspettando che i mostri della mente se ne vadano da soli. È tempo di reagire! E in uno scontro corpo a corpo che farà esultare chiunque abbia aggiunto ai preferiti su YouTube la compilation “Peter Griffin contro il pollo”, l’uomo vince sulla bestia. E lo fa nel più noir e splatteroso dei modi, con tanto di cadavere scaricato nell’immondizia.
Tutto è bene quel che finisce bene.
Meglio non far caso al koala di peluche dagli occhi satanici che scruta con furore il nostro amico…
Una black comedy animalesca dai contorni psicologici, e col bonus di un finale a sorpresa; il tutto in meno di cinque minuti. A quando il remake allungato?
LOCAL NATIVES. CAT SOLEN. 2010.