LE CREATURE DELLA SORGENTE FANTASMA
In una piscina naturale raccolta fra grandi rocce e alimentata da fumose cascate termali, un piccolo gruppo di uomini – per la maggior parte alquanto corpulenti – si godono con espressione seria e vaneggiante, poggiati ai pietroni di bordo vasca, i poteri benefici della sorgente.
Ma la loro esperienza esula dal mero piacere fisico, come dimostrano occasionali e stranianti visite da parte di bizzarre e spaventose creature antropomorfe, la cui effettiva essenza allucinatoria è messa in dubbio da certe indirette interazioni coi suoi estatici osservatori.
A dispetto del nome della compagnia di produzione (4:3), il video del talentuoso artista pechinese Chen Tianzhuo è girato in un avvolgente widescreen che ben si presta alla natura ipnoticamente descrittiva delle immagini.
Sul magico suono della voce di Aïsha Devi, cantante svizzera di origini tibetano-napalesi, si srotola un suggestivo collage di sequenze dai toni oscillanti fra il mistico e il grottesco, fra il sublime e l’inquietante.
Il ralenti è il comune denominatore che lega ogni frammento filmico, che si tratti dei numerosi dettagli dell’acqua che scorre, schizza e ribolle, o dei fumi che emanano dalla superficie.
Si sa, ogni scena ripresa al ralenti vede centuplicata la propria forza espressiva, e quando a ciò si associano la spontanea bellezza delle location, l’ispirata sacralità dell’allestimento, le criptiche contaminazioni subliminali in hanzi e la coerente impalpabilità spirituale del brano, l’effetto che ne risulta è sbalorditivo.
Mentre il pubblico si bea con gli ignudi protagonisti nell’estasiante fascino dell’insieme, le succitate parentesi pseudo-oniriche a base di mostri umani colpiscono come un fulmine a ciel sereno, introdotte dallo squillare violento – eppur non meno suadente – del synth.
Le strane figure si sollevano dalle acque, esibendosi in eleganti contorsioni danzerecce di derivazione butoh, ma è il loro aspetto, tanto terrorizzante quanto magnetico, a destare maggior interesse.
Si tratta di notevoli opere di body-painting curate da Re Duo e Milky H3, che assemblano con spigliata fantasia carnevalesca astratti ibridi fra uomini e animali, a metà strada fra un costume tribale e un numero di performance art dai sentori shock.
Si può pertanto “ammirare” uno sguazzante uomo-squalo con doppia dentatura da cookie shark, occhi felini usciti da un fanta-horror di serie B anni ’50 e un mantello osseo di imprecisata provenienza…
O restare a bocca aperta dinanzi a un uomo-rettile con braccia dipinte da serpente del latte, copricapo floreale e labbroni finti da addio al celibato, che stringe fra i denti un pesce lama morto stecchito…
Dopo questi preoccupanti incontri, i non così gradevoli particolari epidermici dei bagnanti, sui cui corpi sovrappeso la cinepresa indugia senza vergogna, quasi si agognano come una sorta di comfort zone emotiva!
L’ultima istantanea alla fine di questo peculiare trip acquatico vede proprio loro, gli inerti signori a mollo, coi volti coperti da cerone, in compagnia della stessa Aïsha Devi. La cantante si distingue non solo per differenza di genere, trattandosi dell’unica femmina in scena, non solo per estraneità estetica, sfoggiando il solo viso lindo dell’inquadratura… ma anche per il bikini che pudicamente indossa!
Buffo a dirsi: dopo una galleria in slow-motion di pingui mammelle maschili, è proprio un seno coperto ad attirare l’attenzione.
Angoscia e prodigio, paura ed elevazione dell’anima, sortilegio e sgargiante what-the-fuckismo di portata virale: il regista ha fatto centro.
AÏSHA DEVI. CHEN TIANZHUO. 2018.