UNA TEMPESTA SUL NOSTRO TEMPO
Tra tutte le cose che stanno accadendo nel nostro presente di quale moriremo?
Pandemia? Guerre? Povertà, abusi e soprusi? Una semplice e quotidiana patologia terminale? Di tedio e speranza mal riposta? O di quella malattia terribile che ha sempre una fine nefasta: la vita?
C’è un filo conduttore tra tutto quello che sta accadendo nel nostro mondo. Un legame stretto e ben intrecciato tra mancanza di rispetto per l’essere umano e la vita, l’incapacità di vedere tutte le possibilità dell’esistenza e dell’esserci, le poche responsabilità che ci prendiamo come singoli e la percezione che in fondo il problema sia degli altri e che se ce l’hanno loro e non noi un motivo ci sarà. Quindi consideriamo sacrificabili i migranti perché poco produttivi, le donne per poche non chiare righe di un libro sacro, l’ambiente per motivi economici, i diversi perché, appunto, diversi e chiunque ci sembri, per così dire, sporco o disordinato al nostro giusto sguardo perbenista e omologato.
Ormai la vita non è altro che un enorme iperoggetto che è l’incarnazione di un unico grande disagio che potremmo chiamare modernità!
Lo so, inizio un po’ drammatico, ma è il pensiero che viene in mente dopo aver visto il video “Europe Is Lost” di Kate Tempest, al secolo Kae Tempest dopo la scelta di cambiare genere e complicare ancor di più il suo pensiero e la sua visione del mondo.
Il video è in qualche modo minimalista, uno scorrere di immagini di repertorio che segue a cascata lo sciorinare delle parole. Di quei video che se la canzone dice: mani le immagini mostrano mani, se dice: bomba si vede l’esplosione. Ma quel che non rende banale questo video è l’incalzare del dramma che piano piano entra dentro di noi. Testo e immagini diventano come fare l’appello delle mostruosità del nostro inquietante presente: KKK, ISIS, guerra, barconi di migranti rovesciati, voli di disperati dalle torri gemelle in fiamme, violenze, inquinamento, soprusi, l’inquadratura sfocata e ironica di un cartello stradale con su scritto: Tieni la destra e (quindi poi) Donald Trump, Nigel Farage, Marine Le Pen, ma anche i talent show, libri bruciati in piazza, droghe moderne, pubblicità e industria del divertimento…
Il bianco e nero aumenta la drammaticità, il ritmo ossessivo disorienta e dà le vertigini come vedere tutti i notiziari del mondo in 4 minuti o poco più, è come subire un’immersione di realtà drammatica compressa e concentrata.
Quest’annuncio di apocalisse in forma di carrellata inquietante che è il nostro tempo è stata realizzata dal fotografo Manuel Braun, un fan della Tempest che ha regalato il suo lavoro per il grande amore per questa canzone.
La forma, la voce, l’incalzare di parole e immagini mi fanno venire in mente echi di “Urlo” del potente Allen Ginsberg e questo mi fa pensare che forse è il momento della rinascita (probabilmente molto molto timida) dell’arte di protesta. Si esce da questo video amareggiati, con il disgusto di cosa siamo e con la domanda: è possibile che in questa piccola porzione di tempo in cui stavo dietro le mie faccende, il mio piccolo quotidiano, l’organizzazione della vita e delle relazioni dal lunedì alla domenica, stesse succedendo tutto questo e io, colpevole, sia rimasto inerte davanti a tutto questo?
Questo testo e questo video fanno sul serio: col loro ritmo ossessivo e costante ci indicano i problemi del mondo in modo diretto, potente, poetico. Questo flusso è un latrato intenso e rabbioso che si trasforma in un attacco alla nostra apatia. È un’accusa vera a tutti noi che presi dalle nostre piccole beghe ce ne approfittiamo e rimandiamo a domani o a qualcun altro. La poesia della Tempest ci accusa, il video ci conferma che ormai è troppo tardi non c’è più possibilità, è inesorabilmente troppo tardi… ah già, particolare non da poco: il video è del 2017.
KATE TEMPEST. MANUEL BRAUN. 2017