DROWNING / MICK JENKINS FT. BADBADNOTGOOD (NATHAN R. SMITH)

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UNA PIAGA CHE RITORNA.

Chiaro e crudo il messaggio che Mick Jenkins, in collaborazione coi BADBADNOTGOOD, avanza nel video diretto da Nathan R. Smith: passano gli anni, ma la storia si ripete, in essenza immutabilmente ciclica, sebbene in forme e situazioni differenti.

Non è dunque un caso se, in questa terrificante cartolina al ralenti del profondo Sud statunitense, ambientata ai tempi della schiavitù, ritroviamo aspetti spaventosamente simili alla cronaca attuale.

Jenkins che sussurra un disperato “I can’t breathe!” mentre due rozzi uomini bianchi lo immobilizzano al suolo in posizione prona, con la faccia schiacciata a terra, risveglia all’istante il ricordo della morte di Eric Garner, avvenuta nel luglio del 2014.

E se si pensa all’omicidio di George Floyd di sei anni più tardi, si fa sempre più evidente la recidività del lato peggiore dell’essere umano.

Inseguito, percosso, costretto a strisciare nel bagnasciuga del fiume, il cantante verrà infine scaraventato in acqua, presumibilmente lasciato tra le fauci di una morte certa.

Ma il destino ha altri piani per lo schiavo: osservando la superficie, Jenkins si accorge della presenza di una zattera abbandonata. Tanto basta per risvegliare in lui un forte istinto di sopravvivenza, ma anche di rivalsa contro una barbarie che non può lasciar trionfare così facilmente.

L’uomo nuota verso la rudimentale imbarcazione, in una sequenza che forse Jordan Peele ha tenuto a mente mentre concepiva il “Luogo Sommerso” di Scappa – Get out, e riesce a fatica a salirvi sopra. Ora può riprendere fiato. E riparare agli errori (o gli orrori) dell’ingiustizia imperante.

Come un Jim senza Huckleberry Finn, il nostro percorre a bordo della zattera il corso d’acqua, tra le fresche memorie della sua maledetta fuga e l’agghiacciante realtà che gli si staglia davanti agli occhi.

Lungo il fiume incappa in altri fratelli alla deriva, fluttuanti sotto il pelo dell’acqua: chi inerte con un cappio al collo, chi come lui ansimante e alla ricerca di una boccata d’ossigeno, tutti ugualmente condannati dal colore della pelle.

Il rapper riesce a trarre in salvo due compagni di sventura, raccogliendoli sulla zattera e portandoli al sicuro a riva. Là li attende un piccolo gruppo di schiavi, che nel frattempo è riuscito a mettere le mani sulla coppia di aguzzini bianchi dell’incipit. I ruoli si sono invertiti: adesso sono i padroni quelli in catene, alla totale mercé delle loro non più inoffensive vittime.

L’euforia della rivincita dopo inenarrabili soprusi, la sete di vendetta, la naturale brama di giustizia ribollono negli sguardi degli astanti. I nuovi giudici hanno già deliberato la sentenza, e la pena non prevede gesti clementi.

Quando ormai la fine sembra giunta per i due bruti, una ragazzina riesce a imporsi e a far valere le proprie ragioni: è davvero questa la risposta? Può il male essere mondato con un male di pari entità? O forse l’unione di due mali genera soltanto un male più grande?

La saggezza della giovane viene ascoltata, e, non senza indugi, la vita dei due imputati viene risparmiata. Legati e isolati su quella stessa zattera che accolse le loro prede, gli uomini vengono invece lasciati a vagare senza meta sui lenti moti del fiume, affidati alle cure del Fato.

E se da una parte non si può che ammirare la magnanimità del popolo abusato, dall’altra si è costretti a riflettere sulle conseguenze che tale simbolico gesto potrebbe aver avuto nei secoli a venire. Permettendo al seme della violenza e del razzismo di vivere, gli si dà anche la chance di germogliare in futuro.

Eric Garner insegna…

MICK JENKINS FT. BADBADNOTGOOD. NATHAN R. SMITH. 2016.

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