IL MOMENTO DI DIRE ADDIO
Spesso qui su Video Ark celebriamo video musicali che stanno alla pari di film veri e propri: piccole e concentrate storie che non hanno niente da invidiare a grandi produzioni dal punto di vista della regia e della fotografia, della narrazione e della recitazione.
In questo caso, forse, è il contrario. È il video clip che può insegnare qualcosa al lungometraggio.
Ci ho un po’ ragionato sopra perché questo video, fin dalla prima volta che l’ho visto, già nel lontano 2006, mi colpisce allo stomaco. È un cazzottone emotivo profondo e tira fuori tante associazioni personali, tanti sentimenti sepolti e infantili. Stuzzica quella parte ferita e malinconica dell’essere figlio, anche se magari per qualcuno in piccolo, ha avuto i suoi traumi.
Un film vero dovrebbe fare una lunga strada per ottenere lo stesso risultato e dovrebbe dare una marea di informazioni e costruire una marea di ponti emotivi con lo spettatore al fine di creare identificazione e partecipazione. Qui, in Song to say goodbye dei Placebo, fin dalle prime battute sei dentro. Pochissimo preambolo. Poche immagini e sei già catapultato in un vortice di emozioni contrastanti.
Se questo video fosse un lungometraggio, avremmo bisogno di tante informazioni. Esigeremo lo sviluppo e la progressione. Chiederemmo e ci aspetteremmo di sapere cosa è successo, perché, chi è quell’uomo, cosa ha. Chi è quel bambino, perché fa quel che fa?
Un film solitamente deve stabilire un contratto ben specifico con lo spettatore, fatto di patti e informazioni, sviluppi, progressioni fatte di regole e di coerenza…
Nel video musicale, può succedere. Ci possono essere le stesse regole, stesse domande e risposte. Stessa coerenza e progressione ma anche no, come ad esempio in questo caso.
In questo video, ci sono risposte e le domande sono sospese al punto che ognuno può mettere le proprie. Qui la storia non sappiamo se è appropriata, coerente, reale, non ci chiediamo se le reazioni sono veritiere, possibili: è solo e fondamentalmente una rappresentazione emotiva, quasi al limite dell’astratto.
Credo che ciò che conti sia solo la sensazione che proviamo, il sentimento che ci tira fuori e ci coinvolge. La sensazione estetica e coinvolgente creata dalla miscellanea di immagini e suoni.
Ecco il potere di questo video clip, non c’è una vera necessità di comprensione. La nostra sospensione del giudizio è immediata e più veloce che per un film. Pochi secondi, poche note e poche immagini e sei già oltre spiegazioni e comprensione. Partecipi da subito dei sentimenti dei due personaggi anche se non sai niente di loro. Parteggi da subito per il bambino anche senza conoscere la sua storia o cosa faccia di preciso o perché si trovi in quella situazione.
Capisci subito, ma senza sapere come, che questa è una storia che va avanti da molto tempo.
Il ragazzino si prende cura del padre quasi catatonico già da molto tempo. Sa come fare. Sa come risolvere le sue crisi. Sembra naturale anche se non lo è che un bambino di 8, 9 anni al massimo, guidi con esperienza e capacità la macchina in una grande città.
Sopporta tutto sa gestire i guai, i passanti, le figuracce e le crisi del padre. Percosse, problemi e addirittura gestisce l’incontro con dei poliziotti dove la logica vorrebbe che questi, per legge, dividessero il figlio dal padre e invece, semplicemente dicono al figlio di fare attenzione.
Una cosa che ho spesso sentito dire negli anni è: ho fatto da genitore ai miei genitori.
Quanti padri, madri, adulti abdicano. Quanti si lasciano andare al vortice di una marea astratta, si fermano, urlano, piangono, affogano e si spengono. Quanti di questi vomitano sui propri figli il malessere e le insoddisfazioni che hanno dentro intrappolandoli per sempre… forse questo video tocca velocemente queste corde che può darsi siano le corde di tanti, se non di tutti. E quale è la risposta?
Il video dice: è tutto inutile! Per quanto il bambino voglia bene al padre, per quanto lo ami e sia legato a lui, non può svegliarlo, non può salvarlo.
Ecco quindi: è il momento di dire addio.
Ps: l’articolo è finito perché con queste poche parole ho messo a posto la mia emotività e raccontato tutto quello che mi passava dentro ma di questo video non si può non dire di quanto regia e montaggio siano ben fatti, quanto il ritmo sia perfetto e elevi una canzone che all’ascolto potrebbe passare per più leggera e poi mi sembra doveroso citare che Il video originale scritto e diretto da Philippe André ha una versione più estesa di 8 minuti per la quale i Placebo hanno remixato la traccia musicale allungandola per accompagnare tutto il film e restituire così il favore ad André.
PLACEBO. PHILIPPE ANDRÉ. 2006
La versione lunga quanto un cortometraggio: