MAMA / MANIZHA (LADO KVATANIYA)

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A VOLTE NON BASTANO LE PALLOTTOLE D’ARGENTO.

Il “Grande Lupo Cattivo” è uno dei cattivi di punta della tradizione fiabesca, e, come è noto, la linea di demarcazione che separa il folklore dei Grimm o di Basile dal genere horror si è spesso rivelata molto sottile.

Inutile precisare che il peloso antagonista di Cappuccetto Rosso sia facilmente traducibile in lingua “horroriana” usando termini prettamente licantropici.

Si rammenta a tal proposito In compagnia dei lupi, il piccolo capolavoro dark di Neil Jordan, che trasforma un racconto – già di per sé macabro – sulla perdita dell’innocenza in un vero e proprio incubo sul passaggio dall’infanzia alla pubertà: il bosco si fa scrigno di misteri spaventosi e fascinosi, custoditi da un maschio-predatore sempre in agguato.

In altre circostanze, invece, è la stessa Cappuccetto Rosso a subire una mutazione: la metamorfosi lupesca viene in tal caso adottata come allegoria dell’incombente età adulta e di tutti gli scompensi ormonali a essa legati, che si tratti dei mannari ribelli di I was a teenage werewolf o delle sorelle maledette di Ginger snaps.

Anche la giovane protagonista del qui presente video di Lado Kvataniya è in balia dei naturali cambiamenti fisici che sopraggiungono con l’adolescenza, ma non è certo lei la licantropa della situazione. E non è neanche la curiosa e ingenua Cappuccetto Rosso. No, perché il Lupo Cattivo descritto dal videomaker russo non ha nulla dell’insidioso e peccaminoso charme tramandato da Perrault: è un mostro brutale, disgustoso, abominevole; l’atroce nemico di una fiaba sin troppo veritiera.

Sotto gli occhi mesti e gravi della cantante Manizha, che nel clip si mostra come una sorta di spirito silvestre – o forse come la stessa Madre Natura, forse la più pura e antica rappresentazione di “orgoglio femminile” che l’umanità ricordi – la ragazza è costretta a subire le angherie di un padre-padrone manesco e lascivo.

Nella prima sequenza l’uomo costringe la figlia a spingere un’auto impantanata, coprendola letteralmente e metaforicamente di fango, ma è solo il principio. A casa, la mamma della giovane non sembra passarsela meglio: vergognosamente si nasconde cicatrici profonde col fondotinta, getta in lavatrice panni sporchi che grondano sangue, preparandosi all’ennesima e imprevedibile sfuriata del coniuge.

Vediamo il marito ammorbidire una bistecca succosa. Ogni colpo di batticarne che costui sferra ricade come un minaccioso avvertimento sui logori nervi della moglie, che sopporta ogni sopruso in doloroso silenzio.

E chissà, forse la povera donna comincia persino a sospettare che quella bestia su due gambe abbia preso il vizio di far visita alla figlioletta mentre si fa il bagno… Ma meglio non pensarci, meglio ignorare ciò che accade dietro quella lurida porta.

Insomma, è chiaro chi sia il Lupo Cattivo di questa tragica favola. Chi sia il Lupo Mannaro di questo angosciante film dell’orrore.

Inoltre, come la leggenda insegna, ogni notte di luna piena il lupo mannaro si manifesta in tutta la sua ferocia e voracità: durante il plenilunio, madre e figlia si ritrovano costrette a fuggire dalla loro stessa dimora, sperando che le luci dell’alba giungano presto a mitigare gli istinti ferini del loro aguzzino.

Il simbolismo è tristemente chiaro, ma Kvataniya non si ferma qui: con tocchi di surreale poesia, palesa le primizie puberali della protagonista in forma di escrescenze floreali e germogli sottocutanei, delicate sentinelle di una travolgente forza della natura che non ha eguali. Il “Girl Power” è dunque un’onda d’urto tanto creatrice quanto distruttrice: con un semplice tocco di mano, la nostra eroina si scopre capace di far fiorire un albero; di spaccare una roccia soltanto stringendola in un pugno.

Una notte, infine, la furia animalesca del papà-lupo ha la meglio: mentre la ragazzina trova riparo nell’abitacolo della macchina, la madre cade vittima degli artigli assassini del maniaco. La figlia assiste impotente al delitto, ma non si lascia vincere dall’emozione, e trova il modo di reagire.

Presa coscienza del proprio potere, dell’irrefrenabile energia vitale che Madre “Manizha” Natura le ha donato, la giovane donna furente spinge l’auto addosso a quella vomitevole creatura villosa, ribaltando con karmica ironia i dolori patiti all’inizio del video.

Il lupo trova la fine che merita, spappolato contro il tronco di un albero: da impunito signore di uno scorcio di inferno sulla terra, passerà adesso l’eternità in un inferno assai più caldo.

Per concludere, vale la pena di riportare i dati rilasciati nelle didascalie a fine video: “In Russia 36mila donne vengono percosse ogni giorno dal marito; ogni anno muoiono da 12mila a 14mila donne per violenza domestica; ogni 40 minuti muore una donna”.

Nessun lieto fine per questa brutta fiaba.

MANHIZA. LADO KVATANIYA. 2019.

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