BLUE ORCHID – THE WHITE STRIPES (FLORIA SIGISMONDI)

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UNA SPRUZZATINA DI EDGAR ALLAN POE

Mi perdoneranno i The White Stripes ma oggi voglio parlarvi di un mio amore. In effetti avrei potuto parlarvi di video di altri artisti tipo di Marilyn Manson oppure dei The Cure o di Tricky, ma anche dei Sigur Rós, di Björk, di Leonard Cohen (cosa che penso farò) e addirittura (detto così fa un po’ snob) di Christina Aguilera. Parlo di Blue Orchid dei The White Stripes perché, certo, mi piace, certo è rappresentativo di quello che voglio sottolineare, ma soprattutto perché è un video realizzato da un’artista acuta e particolare che mi è di grande ispirazione.

Floria Sigismondi appartiene a quei creativi delle arti visive che fanno dell’immagine e dell’arte la loro fase R.E.M. (Rapid Eye Movement non la band). L’arte, il supporto visivo che crea la Sigismondi non è l’immagine in sé ma quello che scaturisce al vederla dentro il nostro inconscio ma anche nel conscio, forse. Innesca una reazione onirica da svegli. Ti trasporta in un mondo dai contorni sfrangiati e imprendibili e dalle percezioni non chiare ma profonde. Il suo surrealismo parla più alle nostre parti più recondite che col nostro occhio o col nostro cervello. La sua arte è un’arte del profondo, racconta senza dire, richiama in superficie in modo maieutico senza avere veramente riferimenti reali chiari.

Certo potremmo definire le sue immagini cupe, gotiche, a volte noir e aggressive, ma a mio parere, di grande ispirazione ed esteticamente molto intense.

Nei video degli artisti sopra citati, ma anche in questo bel video dei The White Stripes le immagini si amalgamano, si fondono. Il ritmo è altamente spezzato e complicato, fatto di transizioni imprecise e sporche. Le luci si mischiano come in una mattina di dopo sbornia e fatte di lampi, bruciature e oscuri passaggi. In questo video come in altri, la penombra e il fuori fuoco accompagnano tutta la narrazione e sono queste che rendono i corpi come irreali, traslucidi come ectoplasmi che abitano un altro tempo. Corpi accennati e distorti e si vede chiaramente che le sue fonti di ispirazione, come dichiara lei stessa, sono artisti particolari e eccessivi come Francis Bacon o David Lynch ma anche Stanley Kubrick e il Federico Fellini più surreale e grottesco.

Il lavoro della Sigismondi, video, fotografia o scultura che sia, cerca di sondare il lato più oscuro e profondo dell’individuo. Scandagliare l’irrazionale con una poetica surreale non è da lei inteso come fuga o gioco di riprogrammazione della realtà ma come setaccio delle altre dimensioni dell’essere: il suo è un lavoro inquieto e inquietante perché non crea mostri brutti e cattivi, li porta fuori dal nostro intimo, fa emergere dal nostro mondo interiore figure di paura e violenza che abbiamo e che ci appartengono anche se non vogliamo ammetterlo.

Blue Orchid è girato interamente in una casa decisamente malandata e abbandonata in stile ottocento americano. Le presenze, i due White, una bambina, una donna dai capelli rossi, serpenti e un cavallo bianco, appaiono accennate come viste con la coda dell’occhio che non veri e propri esseri viventi. Una telecamera a mano manovrata in modo sguaiato e scattoso ruba scene e movimenti degli astanti che in un modo o nell’atro contribuiscono all’ulteriore distruggimento della casa e a comporre una storia alla Edgar Allan Poe di presenze mostruose e perse.

Meg, la batterista, colpisce con dei martelli pile di piatti a ritmo di musica come se fosse la sua attività più rilassante e normale mentre Jack, vestito come un Dorian Grey ammuffito, improvvisa balletti inquietanti di una danza macabra da salotto.

La donna dai capelli rossi si aggira come un fantasma. Richiama alla memoria le fotografie delle donne nei manicomi di inizio secolo trattate a forza con l’elettrochoc. Lei è la vera protagonista della storia. È lei che in questo sogno ansioso fatto di mele avvelenate, serpenti e un cavallo imbizzarrito ne farà le spese come agnello sacrificale.

THE WHITE STRIPES. FLORIA SIGISMONDI. 2005

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