AMORE E MORTE NEL GIARDINO DI UNA LEI.
“Amore malato” è un’espressione spesso abusata e del tutto aspecifica, ma riferendosi a un sentimento così complesso e sfaccettato quale è, per l’appunto, l’amore, la sua intrinseca genericità diventa quasi una condizione necessaria. Due semplici parole che spalancano le porte a una moltitudine di significati e significanti, insopprimibile attrazione tanto per gli appassionati di true crime quanto per i fruitori e fabbricatori di opere d’arte.
La videomaker Claire Edmondson parte proprio da questo comune concetto per trasporre in immagini il malinconico e suadente brano dei Broken Social Scene.
Protagonista del clip è una giovane donna dallo sguardo trasognato e mesto, in qualche indefinibile modo profondamente inquieto. Trascorre la serata insieme al suo compagno, sorseggiando con lui del vino rosso in un bel salotto. Non sembra trattarsi di un’occasione speciale, ma di una piacevole, normalissima bevutina distensiva. Lui legge serenamente il giornale, lei lo osserva dall’altro lato della stanza, come farebbe una coppia ormai consolidata e avvezza alla convivenza.
Si nota una malsana apprensione negli occhi della ragazza, un malessere soffuso, sospeso tra la consapevolezza di un male ineludibile e l’ansia di colmare un vuoto che nessuno all’infuori di lei potrebbe identificare. C’entrerà qualcosa la misteriosa polverina ch’ella ha versato in segreto nel bicchiere del suo partner? E se sì, di che sostanza potrebbe trattarsi?
La risposta a quest’ultimo quesito è fin troppo ovvia, ma è comunque difficile prevedere quali livelli di follia possa toccare l’immaginazione di una “malata d’amore”, quale razza di premeditata mostruosità possa veicolare le sue azioni.
Con un paio di moine, la bella convince il suo uomo a posare il quotidiano e a intrattenersi con lei in un balletto sensuale: il vino, la danza, le carezze… Che potrebbe andare storto? Insomma, chi li vedesse solo ora penserebbe a due affiatati piccioncini sulla strada per la camera da letto…
Ma ecco che l’improvviso mancamento del giovanotto riporta la scena su una pronosticata delittuosa via: adesso lui se ne sta disteso supino sul pavimento, privo di sensi.
La fidanzata si appresta a ricoprire la stanza con un ampio telo di plastica trasparente, ponendo infine il corpo inerte su di esso. E chi ha visto film come Arma letale o American psycho, sa bene che questo non è mai un buon segno!
La donna, senza particolare fretta, scruta in silenzio il macabro spettacolo. Sembra conscia del crimine commesso, ma pare altrettanto sicura dell’inevitabilità del suo atto. Non sono i sensi di colpa a determinare il suo mutismo, ma lo sgomento che si prova di fronte all’orrore del sublime, davanti all’insalubre soddisfazione intima che adombra ogni rimorso.
È questa la sua malattia: un’ossessione che non si può domare, una pulsione irresistibile, la fame di possesso e di controllo che intorbidisce il sentimento e riveste di spaventoso lirismo i gesti più insani.
E in questi casi, dall’affetto all’affettamento il passo è breve…
Brandendo un’ascia, la donna colpisce ripetutamente il braccio del suo amore, con una grazia che farebbe impallidire Lizzie Borden. Ma le ossa del cadavere sono più dure del previsto, e l’uso di una sega a mano pare dunque indispensabile per una completa mutilazione.
Il realismo degli effetti speciali prostetici e l’istantanea naturalezza con cui certi dettagli splatter non vengono risparmiati al pubblico caccia qualche onesto brivido lungo la schiena!
Senza scomporsi, fra un colpo di scure e una passata di lama dentata, la nostra eroina – per modo di dire, s’intende! – fa a pezzi la salma, raccoglie gli arti e li reca con sé verso l’ultima tappa del suo agghiacciante piano.
Giunta nel suo giardino privato, luogo terreno e allegorico al contempo, la giovane seppellisce i resti umani collezionati, rimestando a mani nude la superficie dell’orto finché neanche un centimetro di pelle morta affiora dal suolo. Quindi si strofina sulla fresca tomba, si crogiola con libidine nel suo terribile talamo di terra, sancendo il matrimonio fra Eros e Thanatos in un letto di dolci fiori e verdi foglie.
Che fosse la paura di perdere il suo uomo, o il bisogno disperato di prendersi cura di lui, o l’esigenza di dominarlo in tutto e per tutto degradandolo allo stadio di un vegetale… la causa di tutto questo rimarrà una cruda incognita.
Una definizione impossibile, eternamente imprecisa.
“Amore malato”… che altro aggiungere?
BROKEN SOCIAL SCENE. CLAIRE EDMONDSON. 2011.