SIMPATICO, SEMPLICE, COMPLICATO, A TRATTI CUPO.
Sono un po’ nei guai. Il video clip di This Head I Hold, la sua musichetta molto carina e leggera, la voce simpatica, il testo interessante, spingono a guardare questo video con una sorta di aria divertita. La storia di per sé è allegra e il modo di raccontarla è buffo e con accenni surreali gustosi ma il dilemma che c’è dietro o almeno che suscita a me, ha un retrogusto veramente amaro…
In questo video ci sono trovate spiazzanti e particolari curiosi che prendono in giro la fin troppo grande serietà di persone che partecipano ai talent o alle sempre più diffuse gare artistiche che popolano il quotidiano e gli anfratti di mediocrità della nostra società. Qui ne esce, sempre col registro spiritoso e simpatico, un conflitto interiore del protagonista che gli fa fare cose di non poca rilevanza.
La storia si racconta con poche parole. Piccolo teatrino di provincia. Giuria abbastanza improbabile e improvvisata che giudica un susseguirsi di artisti dello spettacolo in provini decisamente appariscenti e pacchiani. Un giovane (il frontman della band Asa Taccone) combattuto e insicuro in preda alla paura di partecipare, deve entrare in scena. Non ce la fa. È in una profonda crisi. Salta il turno. Fa passare avanti gli altri. È in evidente stato di shock. Ha uno sconforto crescente che gli fa assaggiare il fallimento e allora fugge.
Ecco, sostanzialmente la storia è questa. E è divertente assistere ad uno sconforto che forse conosciamo tutti bene (per me è decisamente così). Tra l’altro la bravura degli altri concorrenti, la loro disinvoltura, la grinta e la forza della loro espressione che li fa andare in scena senza alcun problema è, per così dire, sostenuta da dei trucchetti. In tal proposito ci sono delle scene buffe dove si vede ad esempio il salto atletico e possente del partecipante ma in poche frazioni di secondi, a svelare il trucco, appaiono i macchinisti in nero, quelli che poi spariscono dalla pellicola in postproduzione, che sostengono il saltatore con corde o attrezzature speciali. È così che vediamo dischi girevoli per danzatori rotanti sul pavimento, sedie a rotelle che sostengono piroette molto energiche, salti incredibili fatti solo grazie a molloni, inclinazioni estreme e atti di forza tutto però sostenuto da macchinerie e non da bravura o potenza.
Il nostro protagonista però non ne pare confortato. Lui è sempre in stato di panico. Così in tensione da far quello che sappiamo fare meglio noi che siamo quel tipo di persone e cioè scappa in preda alla codardia.
Qui inizia una seconda parte abbastanza bizzarra: in una sospensione del brano, vediamo Asa Taccone che fugge così tanto da arrivare in un deserto e cioè lontano da giudizi e prove da superare. Ci sta per anni, vive di poco e non ha alcuna tensione. Incontra una ragazza carina, forse una fuggiasca per codardia pure lei. Vivono momenti romantici lontani da esami, prove o civiltà. Sono sereni, si amano, fanno un figlio, stanno bene. Sembrano centrati e qui, nel mondo del bizzarro accade la cosa che mi mette un po’ in crisi: a lui torna tutta la forza e il coraggio di andare in scena e come se non fosse passato nemmeno un attimo, come se non avesse una storia nuova, come se fosse libero da impegni e responsabilità, corre indietro (potremmo dire fugge al contrario) fin dove ha lasciato la storia del teatrino di periferia e finalmente, cosciente di sé, sostenuto dalla propria convinzione, entra in scena e inizia a danzare usando in modo disinvolto i trucchetti che tutti gli altri hanno usato e segue una coreografia che è la somma totale di tutti i suoi avversari. Chiaramente, dopo l’esilio nel deserto, dopo aver trovato se stesso, dopo aver maturato il suo animo, vince la competizione nel plauso più grande della giuria ma rinunciando, in modo metaforico o no, a figlio e compagna.
Cosa dice il video? Che sentimenti e successo sono in conflitto? Che la scelta di una vita preclude altro? Che per la soddisfazione, spesso effimera e fatta di trucchetti si finisce per sciupare amore e sentimenti? O che non si vince mai e la vita è un continuo perdere qualcosa anche se sei arrivato primo e hai il plauso più grande della giuria?
ELECTRIC GUEST. KEITH SCHOFIELD. 2012.