LA FUGA DEI TESTONI.
Lo stesso anno in cui il film Frank di Lenny Abrahamson approdava al cinema, anche il videomaker Mark Locke si serviva di attori con ingombranti maschere sulla testa per una delle sue creazioni.
Il trascinante sound dei mitici Pixies offre un adeguato background sonoro a una breve storia pulp-noir virata con gusto al grottesco e alla macabra ironia.
Non ci sarebbe nulla di umoristico nella vicenda in sé: quattro poveri disgraziati, coinvolti in chissà quali loschi giri, si ritrovano a dover fuggire da due uomini in nero. Il loro sarà un viaggio on-the-road destinato a finire in tragedia.
Ma c’è qualcosa di insolito nel quartetto di disperati: la loro testa non solo è sproporzionatamente grande, ma è anche fatta di cartapesta! Già, proprio grossi e caricaturali ammassi di colla, vecchi giornali e pittura. La stranezza del loro look va a fondersi con l’ansia di scoprire chi siano, cosa facciano e perché.
Il mistero si acuisce quando entrano in scena due figuri vestiti come agenti speciali governativi, che a quanto pare tengono sott’occhio i nostri “zucconi”. Quasi a voler fare una netta distinzione fra vittime e carnefici, i suddetti men in black non indossano maschere: loro sono veri esseri umani. Sono i “normali”. Ed evidentemente i loro bersagli, i “diversi”, sono una minaccia per l’incolumità pubblica.
Ma ne siamo davvero sicuri? Chi è il predatore, chi è la preda? Parliamo di tutori dell’ordine a caccia di malviventi mascherati, oppure di poveri freak inseguiti da violenti malintenzionati mossi da chissà quale perfido fine? Meglio non saltare a conclusioni affrettate, meglio non identificare con troppa facilità il bene con l’armonia, il male con l’anormalità.
A poco a poco andranno infatti delineandosi i cupi preamboli del racconto.
I testoni si organizzano per una drammatica fuga di gruppo, ciascuno con un borsone alla mano, pronti a scappare a gambe levate qualora i loro aguzzini minaccino di raggiungerli. Fra un montaggio dai ritmi serrati e incalzanti piani sequenza, la loro disavventura finisce per tenerci col fiato sospeso.
Brevi sequenze insertate fra una scena e l’altra mostrano bizzarri dettagli di caramelle scartate, ma soprattutto scorci di quotidianità estesi all’intera popolazione di quello strano mondo: a quanto pare tutti i bravi cittadini portano testoni enormi, e persino gli animali domestici! Un altro fattore che li accomuna è un insano terrore per quegli uomini in abiti scuri: basta la loro presenza per generare apprensione, spavento, angoscia pura. È alla fine chiaro chi siano i veri “villain”…
Giunti in auto in una soleggiata zona desertica, i quattro fuggitivi devono arrestare la loro corsa. E purtroppo non possono evitare il fatale faccia-a-faccia coi loro inseguitori.
Armati di mazze e spranghe, con un’espressione sadica tatuata in volto, gli uomini in nero si avvicinano alle loro prede, che accettando la loro triste sorte neanche tentano più di scappare o reagire. A furia di selvagge bastonate, le megateste degli sventurati vengono spaccate come pentolacce!
E, sorpresa delle sorprese, proprio come accade con le pignatte messicane, dalle incurabili ferite aperte non sgorgano sangue né cervella, ma fuoriescono fiotti di caramelle!
Be’, se gli spruzzi di dolciumi erano già stati utilizzati per simboleggiare in maniera inequivocabile sequenze sessuali piuttosto spinte (lode ai registi di spot controversi!), non ci si dovrebbe neanche stupire di una simile virata allo splatter da confetteria…
Fra l’agghiacciante e l’esilarante, Locke si sofferma sull’insana violenza a suon di ralenti e particolari zuccherosamente cruenti.
È infine chiaro quale sia il reale obiettivo dei due esecutori: con avidità e impazienza, gli assassini raccolgono manciate di caramelle sparse sulla sabbia, le caricano nei borsoni dei defunti e le portano via in macchina. Il loro golosissimo boss, col quale forse i miseri zucconi si erano indebitati, sarà certamente soddisfatto.
Mentre un nugolo di formiche si ciba dei residui di glucosio rimasti sul terreno, un’amara riflessione mette le radici nella mente del pubblico: vista la giustificata paura che il popolo dei capoccioni nutre nei confronti degli uomini in nero, considerata la spietatezza di questi ultimi verso i loro strambi nemici, non è forse lecito trascendere i presupposti “crime” della trama, e leggere fra le righe un monito contro l’odio e l’intolleranza che alimenta le peggiori ideologie di cui l’umanità si sia fatta artefice nel corso della storia?
Dalle caramelle delle pignatte ai denti d’oro degli ebrei il passo sembra davvero breve…
PIXIES. MARK LOCKE. 2014.