FRA GUFI E DEMONI IN UNA MENTE SCONVOLTA.
Per quanto le vibrazioni synth-pop della musica di Ghost Culture (alias James Greenwood) suonino come una coccola acustica per ogni orecchio in vena di sperimentalismo “electronico”, il video diretto e interpretato da John Christian Ferner Apalnes spinge l’occhio su lidi meno placidamente evasivi.
Perché sebbene le immagini proposte rispettino il “liberi tutti” psichedelico che il sound sprigiona, l’epopea allucinante del protagonista si incastra fra i pilastri di un dilettevole humour tongue-in-cheek e un senso concreto di disagio mentale, tramutando il trip in un’esperienza dai contorni inquietanti.
Il giovane Apalnes vaga frastornato per semideserte strade cittadine, senza una meta ben definita, con lo sguardo segnato da ciò che potrebbe passare tanto per un’insonnia trascurata quanto per un brutto abuso di farmaci psicoattivi. Felpa con cappuccio ben fisso sulla testa, mani in tasca, andazzo nervoso: non è proprio il ritratto della serenità!
Che si trovi in simili condizioni già da parecchio tempo, lo si evince dai messaggi da lui ignorati che la sorella gli sta inviando con tono sempre più allarmato: mamma è preoccupata… perché non risponde?… potrebbe chiamarla non appena possibile?…
Ma la mente del ragazzo è gravemente compromessa: i messaggi di testo si amalgamano in un ammasso blobboso e nero, infettando di follia lo schermo del cellulare. Allucinazioni. E siamo solo all’inizio.
All’interno di una “mostruosa” farmacia, il nostro trova un medicinale dai non precisati principi attivi, il cui strano nome richiama l’Apocalisse da una parte e un farmaco stimolante dall’altra. Una cura per le sue visioni? O magari un piccolo “aiuto” per renderle più vivide?
La vista allucinata del povero Apalnes è ormai una sorta di artista pazza che agisce di sua spontanea volontà, trasformando e sminuzzando la realtà circostante. Disegni a gessetto bianco che prendono vita e trasformano il mondo in un ibrido di sfondi live-action e sketch animati, variopinti fluidi ribollenti a mo’ di lava lamp che inglobano l’universo urbano, ma anche strampalati orpelli di cartapesta e argilla colorata che sembrano usciti da uno show televisivo per bambini creativi.
Particolarmente disturbante è la capacità del protagonista di confondere il giorno con la notte, scambiare i marciapiedi e le strade coi sentieri silvestri di un fresco bosco, mutare il senso della prospettiva e della profondità spaziale, diluire lo scorrere dei minuti in improvvisi ralenti, perdendo completamente la bussola del dove e del quando, mettendo a rischio la sua stessa incolumità fisica, oltreché quella psichica.
E non aiutano le spaventose comparsate di una specie di indigeno che indossa una maschera da gufo degna di un folk horror di prima categoria: costui se la prende con lo svampito Apalnes, lanciandogli pietre e minacciandolo con silenziosi agguati in stile babau.
In verità, l’uccellaccio antropomorfo non è altro che un innocuo giovanotto riccioluto che ha accidentalmente calciato un pallone in faccia al nostro John. Un semplice incidente che, nell’ultima fase del video, apre le porte a un vero e proprio climax thriller visionario: Apalnes, convinto di indossare un mascherone tribale e di stringere in mano un pugnale sacro (ovviamente inesistenti), si avventa sul suo “aguzzino”, intenzionato a mettere fine a quelle illusorie persecuzioni.
Per fortuna la forza di volontà dell’attore-videomaker riesce a dissipare i suoi istinti vendicativi. Okay, molto probabilmente sarebbe stato un attacco inoffensivo, considerata l’assenza di una vera arma nel pugno dell’aggressore, ma è sempre edificante assistere alla sopraffazione di malvagi demoni intimi grazie al caro, vecchio self-control.
Il distratto calciatore, caduto a terra dopo una disordinata corsa nel parco pubblico, può tirare un sospiro di sollievo, quando il suo inseguitore si stende sul prato vicino a lui. A far loro compagnia notiamo anche la sorella dei Apalnes, finalmente ricongiuntasi al suo fratellino.
Chissà, magari è stato davvero l’abbraccio della ragazza a risvegliare nel subconscio del meschinetto la voglia di lottare.
Omnia vincit amor, in fondo, no?
GHOST CULTURE. JOHN CHRISTIAN FERNER APALNES. 2015.