UN TRIP ESOTICO.
Brevi istantanee di un viaggio fisico in giro per i quartieri di alcune città del Marocco (proprio in questo periodo travolto da un catastrofico terremoto che ha provocato migliaia di vittime) ma anche mentale, rappresentato da alcuni inserti in CGI che alterano la visione di sé da parte dell’unico protagonista in scena: Tommy Paxton-Beesley (in arte River Tiber), producer e multistrumentista canadese.
Un montaggio dal taglio riflessivo, alterna le splendide immagini di esterni e interni di luoghi senza tempo, forse Casablanca, Fez o Tangeri, dove River Tiber ama perdersi sollecitato da un caleidoscopico e colorato trip ad occhi aperti, mentre contempla lussuose piscine impreziosite dalle tipiche decorazioni e ornamenti, o ammira dall’alto paesaggi collinari che rivelano un formicaio di terrazze da cui spuntano migliaia di antenne e di parabole, o ancora catturato dal fascino antico di vicoli e abitazioni colorate di blu, attratto da una distesa di piante di marijuana dove il ragazzo comincia ad avere strane percezioni della realtà circostante, con la sensazione apprensiva di essere seguito da un’entità vibrante che gradualmente prende forma.
Un video co-diretto da Grandson & Son e dallo stesso Paxton-Beesley, quasi un reportage turistico che su una base elettronica che fonde vibrazioni jazz e hip-hop, coniuga paesaggi e scorci suggestivi con massicce e stratificate incursioni del digitale, per rendere la narrazione più ambigua e visionaria, alludendo anche agli effetti di sostanze psicotrope e a trip mentali che fanno parte dell’immaginario trasgressivo di un certo tipo di turismo.
L’ingombrante alter ego del protagonista realizzato in 3D come un sosia vestito come lui (ma perché quella t-shirt pubblicitaria?) è un elemento attraente e minaccioso che si palesa come un enorme pupazzo in tutta la sua incombente massa fluttuante visibile nei posti più impensati, forse espressione di un disagio droghereccio non facile da smaltire, ma visivamente così accattivante nei suoi colori metamorfici da renderla sopportabile e forse gradevole agli occhi di River Tiber, nel continuo mescolarsi alle immagini delle esotiche ambientazioni dell’urbanistica marocchina, in una sorta di corto circuito tra il fantastico e l’onirico.
RIVER TIBER. GRANDSON & SON. 2016.