UN HORROR DAVVERO SUI GENERIS.
Impossibile non ravvisare a colpo d’occhio lo stile grafico di David Firth, uno degli animatori più disturbanti e sconvolgi-meningi del web. Il papà dell’indimenticabile Salad Fingers ha da sempre abbracciato la poetica di un horror al contempo irriverente e violento, angosciante ed esilarante, profondamente malato e goliardicamente cartoonesco.
Scomponendo, deformando, ricomponendo e infine dando vita a illustrazioni e fotografie attraverso appositi software, l’artista inglese porta la tecnica della cutout animation – la disciplina in cui il mitico Terry Gilliam era specializzato – alle estreme conseguenze.
Una mente creatrice del genere non poteva che trovarsi a proprio agio con lo spirito visionario del rapper Flying Lotus. Dalla loro collaborazione verrà partorito nel 2017 il film Kuso, una delle opere più assurde e disgustose (in senso buono!) che la storia del cinema ricordi.
Il qui presente videoclip, pubblicato tre anni prima, anticipa numerosi tratti formali e contenutistici del suddetto lungometraggio, per cui non coglie certo di sorpresa un disclaimer introduttivo che invita il pubblico più sensibile a distogliere presto lo sguardo.
Gli animi meno candidi, invece, potranno godersi un tour di tre minuti nei psichedelici meandri del subconscio di Satana in persona… giusto per rendere l’idea.
E pensare che l’inizio, al di là del pazzesco design dei personaggi – il punto d’incontro fra un ritratto cubista e il fotorealismo di un manuale di anatomia – lascerebbe persino trapelare gli abbozzi di una trama.
Il setup è tipico: una notte fosca, una villa isolata, due coniugi squilibrati dediti all’omicidio e all’occultamento di cadaveri… Insomma, la classica scampagnata da film dell’orrore. Ma le stranezze non tardano a manifestarsi.
Dopo che il suo adorato maritino ha decapitato con un’ascia l’effigie vivente dello stesso Steven D. Bingley-Ellison (alias Flying Lotus), una mostruosa donna raccoglie la testa del rapper e si lascia gocciolare un po’ del suo sangue sui piedi nudi.
Parte il brano: come in una variante deviata delle Silly Symphonies di Walt Disney, degli occhi con le zampe da ragno emergono dalla chiazza emoglobinica e zampettano a suon di musica!
Sarà solamente la prima tappa di un viaggio diretto nel nonsense più inafferrabile e perverso.
È forse il caso di menzionare un flashback della protagonista in cui la ritroviamo legata a una sedia, con un cavo infisso nel cranio che la collega a una macchina di non precisata funzione, mentre tre bambini indisciplinati e dall’aberrante fisionomia adulta saltano scatenati sul letto o addirittura violentano e leccano la loro mamma-vittima?
O un excursus ultradimensionale dai sentori danteschi nella testa mozzata di Steven, in cui un chilometrico intestino tenue penetra meccanicamente variegati orifizi di corpi martoriati in una foresta popolata da bebè raccapriccianti che, in certi casi, sono stati persino inglobati dai tronchi degli alberi come macabre forme di vita vegetale?
E che dire della testa del rapper che si trasforma in una creatura aracnidea dalle parti del carpenteriano La cosa, prima di essere afferrata da mani artificiali e affettata per benino, in modo da consentire l’evasione di due sardonici bambini, gli stessi che poco prima balzavano sul letto di mamma?
Per non parlare dell’agognata rivincita materna: quei piccoli discoli impenitenti non potranno evitare la furia telepatica della loro obbrobriosa genitrice, capace non solo di mutare forma dopo essersi goduta una colazione a base di occhi-ragno, ma anche di fare a pezzi i suoi avversari in un ralenti che ai patiti di splatter farà venire l’acquolina in bocca.
Insomma, è davvero necessario aggiungere altro?
Ogni forma di contestualizzazione, interpretazione, o anche solo un banale tentativo di riportare con oggettiva meticolosità tutto ciò che avviene sullo schermo, non potrà mai descrivere con esattezza le sensazioni che il videoclip è in grado di risvegliare.
Quando l’espressione“what the fuck” non è davvero usata a sproposito!
FLYING LOTUS. DAVID FIRTH. 2014.