RED & BLACK LIGHT / IBRAHIM MAALOUF (SAFY NEBBOU)

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EREMITA TRA I GHIACCI.

Un delicato arpeggio di chitarra ci immerge sin da subito in un ambiente remoto, lontanissimo dal pullulare rumoroso della società, raggiunto da un ragazzo smanioso di cercare pace, una sorta di isolamento forzato “spinto forse da un istinto da eremita per ritrovare se stesso” costretto però a fare i conti con il clima rigido siberiano e con altre avversità in prossimità del lago Baikal totalmente ghiacciato.

Uno scenario grandioso in cui si impone la forza di una natura fascinosa ma anche disumana, dove si compenetrano chilometri e chilometri di steppe incontaminate e distese ghiacciate a perdita d’occhio che lasciano immaginare l’enorme difficoltà per sopravvivere a quelle temperature impossibili.

Per il brano composto dal musicista jazz franco-libanese Ibrahim Maalouf, sono state rimontate alcune suggestive immagini dal film/documentario francese “Dans les forets de Siberie” depurate per l’occasione dallo stesso regista Safy Nebbou dalle parti più drammatiche e negative che nel film stesso mettono a dura prova il protagonista (Raphael Personnaz) durante il suo avventuroso viaggio in solitaria, con risultato finale quasi più affine ad un trailer che non ad un videoclip vero e proprio. 

Il regista stesso ammette di essersi ispirato a due capisaldi come “Dersu Uzala” di Kurosawa e “Into the wild” di Penn, esempi di cinema documentario, in cui protagonista assoluta è un’ambientazione estrema che incombe e travolge coloro che vi si avventurano.

In questo “Red & Black light” si fondono le scene dell’attraversata dello specchio di ghiaccio simile a marmo, con lo struggente solo di tromba di Maalouf che commenta l’impeto entusiastico della conquista di una solitudine agognata faccia a faccia con il meraviglioso spettacolo senza confini bloccato nel ghiaccio. 

Un misurato e contemplativo editing tra riprese a volo d’uccello e lunghe carrellate che seguono l’unico personaggio e le sue avventure cariche di vitalità, esalta all’estremo la sproporzione tra la maestosità della scenografia ambientale e l’esile figura che quasi si annulla in essa, appena una macchiolina scura nel biancore cristallizzato.

IBRAHIM MAALOUF. SAFY NEBBOU. 2016.

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