THE LIGHTWATCHING.
John Frusciante, o in alcuni casi la sua immagine scomposta e rarefatta, è qui un personaggio “sequestrato” dalla regista Amalia Irons, abile nel confondere forme reali in contesti altri, domestici o ambientali, arricchiti da una raffinata sovrapposizione di visuals e light design vibrante e fulmineo, soluzioni in grado di confondere e che, in un certo modo sostituiscono una possibile o enigmatica trama.
Un video dallo stile e un editing vagamente “new wave” che segue il vagolare incerto del musicista e del suo contraltare (una misteriosa e algida donna senza pupille vestita di nero), insomma due esistenze solitarie e inquiete che sembrano muoversi sotto ipnosi e che, solo in qualche circostanza attratte l’una all’altra si scrutano da lontano, di nascosto, ma senza mai entrare in contatto.
La dimensione estremamente estetizzante ricreata – come già detto – in apparenza senza una struttura narrativa precisa, si muove tra luci radenti e fumi, gallerie, strade trafficate, quartieri etnici e colline hollywoodiane al tramonto, col risultato di una grande efficacia grafica post prodotta, quasi estemporanee pennellate di luce in sincrono con la delicata melodia semplice e immediata, che si insinua su un groove techno / breakbeat a tratti con percussioni tribali e reminiscenze dal sapore british anni ’90.
Nel video, oltre l’istrionico chitarrista dei Red Hot Chili Peppers armato di un piccolo binocolo scrutatore e Lee Bootee – la donna sfuggente e misteriosa, in alcune sequenze compare una gatta che per così dire interpreta Maya, la amata compagna a quattro zampe di Frusciante, a cui è dedicato l’intero album dal titolo omonimo, il suo tredicesimo da solista.
Al di là del genere, a mio parere, un album lontano anni luce dal suo magnifico esordio del ’94, concepito in condizioni psicofisiche estreme, tra depressione post lutto, droghe e psicofarmaci vari, il (tuttora) fulminato e fulminante “Niandra LaDes and Usually Just a T-shirt”.
JOHN FRUSCIANTE. AMALIA IRONS. 2020.
