TOM TOM / HOLY FUCK (MICHAEL LEBLANC)

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GLI IRRISOLTI INVISIBILI.

Gli Holy Fuck son una band di lungo corso, attivi da ormai ventanni, hanno all’attivo svariati dischi incisi per etichette come “Young Turks” (la stessa di The XX, FKA Twigs, John Talabot, Kamasi Washington) e “Last Gang Records” (la stessa dei Death From Above 1979, Metric, DJ Tiga, Crystal Castles) che già di per sé son segnali che lasciano presagire la portata della band. La loro specialità è quella di suonare musica elettronica, “senza computer”, bensì utilizzando “solo” una formazione con basso, batteria, tastiere e campionatori. La band già nel primo anno di attività suona al “Coachella Festival” come backing band dell’allora acclamatissimo Beans (approposito dov’è finito?), e nei tour a venire condivideranno il palco con Wolf Parade, Super Furry Animals, Enon, !!!, Mouse on Mars, Cornelius, Do Make Say Think, Buck 65 e M.I.A. Ok, detto questo la smetto con tutti questi nomi che son già ubriaco e mandiamo in play questa traccia chiamata “Tom Tom”!

La batteria suona dritta, il basso gratta profondo, suoni distorti e spigolosi si muovono obliqui come chitarre no-wave e la voce sporca con una lunga coda d’eco canta sopra a questi movimenti. Per girare questo video la band è volata fino in Romania, per incontrare nuovi luoghi e nuove persone, qualcosa di differente dal loro “comodo e conosciuto” Canada.

Così utilizzando persone conosciute in loco e con la regia e produzione di Micheal Leblanc si mettono al lavoro.

Si comincia con un ragazzo, dallo sguardo pensieroso, corrucciato, che guarda un punto lontano oltre la camera, con sullo sfondo montagne innevate sfocate.

Poi benzinai sdentati si muovono al ralenty rendendo tutto oscuro e inquietante. Il padre mentre fa benzina fissa incuriosito il figlio che rimane perfettamente immobile con lo sguardo fisso oltre il finestrino chissà dove. 

Un ricordo di un momento intimo, una cena alla fievole luce di una candela, mentre il padre lo guarda con occhi iniettati di sangue per poi sbattergli la faccia nel piatto. Una strada di provincia, in un quartiere povero con muri fatiscenti, e pozze d’aqua in strada mezze asfaltate, il ragazzo entra in un bar mentre la barista ha uno sguardo inquietante con un occhio slitta lentamente verso il basso lasciando la faccia deturpata da questo totale non simmetria del volto. Gli avventori del bar fissano il ragazzo che avanza sempre più verso il fondo, da lì vede parte del paese andare a fuoco e il suo sguardo non si scompone, non mostra alcuna emozione. 

Poi il ragazzo comincia a correre e in rapida sequenza vede tutte le decine e decine di brevi momenti, immagini così forti che non ci vuol molto a comprendere quanto lo hanno fatto soffrire, forse persino traumatizzato, ma di sicuro lasciandolo come ragazzo irrisolto, che naviga a vista verso il futuro ma con i pensieri persi fra i dolori della sua vita passata. 

L’inquadratura ritorna sul primo piano del ragazzo, come se in realtà non si fosse mai mosso dall’inquadratura iniziale, come se tutto il video altro non fosse che uno scandagliare l’interno dei ricordi più dolorosi di questo giovane uomo, tutto ciò di cui non parla, tutto ciò che non sa dire ma che la telecamera è riuscita ad estrapolare dalla sua mente, tutte le emozioni troppo forti che contiene e nasconde nel suo sguardo enigmatico e silenzioso, tutto questo grazie alle capacità creative e narrative di Micheal Leblanc che ha preso un piccolo paese rumeno, qualche persona dalla strada e ha creato questo piccolo (per minutaggio) capolavoro.

HOLY FUCK. MICHAEL LEBLANC. 2016.

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