DON’T / HONEYGLAZE (JAMES OGRAM)

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NON UN RING, PREGO!

Non sono uno di quei maschi che pieni di retorica e un bello strato di ipocrisia dice che le donne sono meglio degli uomini. Non sono uno di quelli che più femminista delle femministe sostiene la causa delle donne e dichiara che le donne son considerate esseri umani di serie B e si scandalizza o si strappa le vesti per questo e non sono uno di quegli uomini che si riempiono la bocca di belle parole per sembrare sensibile e illuminato dicendo che le donne faticano di più, le donne soffrono di più, le donne resistono di più.

Non sono uno di quelli che dichiara con orgoglio di essere alleato delle donne solo perché poi è di moda e perché è l’unico modo per sentirsi superiore agli altri uomini.

Non sono dalla parte delle donne perché credo che non abbiano bisogno del mio aiuto, né perché penso che siano più degne degli uomini. Io sono dalla parte delle persone. Giovani o vecchie, alte o basse, stupide o intelligenti. Sono dalla parte delle persone e le donne, incredibile a dirsi, sono persone. La differenza tra uomo e donna è quella che passa tra una persona e un’altra e tra una persona e un’altra la differenza in termini di valore umano o capacità la fa la persona stessa. Quindi, se qualcuno si aspetta un discorso perbene, molto buonista e accorato su quanto le donne siano superiori, mi dispiace deluderlo.

Quando ho visto il video “Don’t” degli Honeyglaze non ho sentito tenerezza perché quella poverella sembrava una delicata e leggiadra femmina sconfitta. Non ho sentito pietà per la donna maltrattata da un sistema patriarcale e stupratore, no. Ho sentito più la tenerezza che si ha per un’amica, una compagna, una figlia o anche solo per una vicina di casa che passa un brutto momento. La vita ti mette troppo spesso davanti prove che non sei in grado di reggere. Colpi che fanno male e lasciano ferite e il mio pensiero non è stato: povera donna schiacciata da un sistema, ho pensato che stava male.

Faccia tumefatta. I segni chiari di una lotta. Lei a testa alta e con convinzione affronta un branco di paparazzi scalmanati che del suo dolore vogliono solo farne un caso giornalistico e nient’altro.

Lei, sopravvissuta ad un dolore, ne deve subire un altro perché noi spettatori, uomini e donne che siamo, come bestie selvagge vogliamo gustare un pezzettino della loro sofferenza. Mentre una volta si diceva “Sbatti il mostro in prima pagina” (film del ‘72 di Marco Bellocchio) oggi l’esercizio è quello di mettere la vittima in prima pagina affinché tutti possano dire poverina e compiangerla per un attimo e sentirsi così molto buoni ed empatici.

La telecamera a mano si muove a pochi centimetri dalla faccia di Anouska Sokolow (la frontwoman della band). L’immagine è drammatica e oppressiva. Il suo sguardo sperso e sofferente. Canta con piglio determinato mentre attraversando il folto gruppo di insolenti giornalisti. Lei trattiene orgogliosa la sua freddezza e la sua sofferenza mentre si fa strada nel branco fanatico e violento.

I flash, le domande inopportune e prevaricanti, la calca soffocante. È chiara e raccapricciante l’immagine restituita di una persona, una ragazza devastata dal dolore, che per onor di cronaca, col pretesto di sensibilizzare l’opinione pubblica e combattere per le vittime, viene usata come animale in gabbia, come feticcio da mostra a proprio piacimento per soddisfare il cannibalismo degli spettatori. C’è quel che è consueto: invece di offrire sostegno e rispetto, tutto si traduce in un crudo sciacallaggio, aumentando il dolore delle persone che hanno già subito.

Le parole del brano scorrono recitando tutta quella serie di “non” che all’interno di una relazione malata succedono: “Non ignorarmi quando ti faccio una domanda… Non alzare la voce o interrompermi… Non chiamarmi se vuoi parlare solo di te stesso… No, no, no, non cercare di dimostrarmi che sbaglio.”

Le domande diventano sempre più insostenibili. Le foto sempre più oppressive. Visto che la vittima non concede ai giornali il suo dolore viene quindi aggredita, sopraffatta. Concitati, feroci, violenti. Ne scaturisce la brutalità che spesso segue la prima dolorosa violenza.

In questo vortice si vedono sul muro di questo stretto corridoio manifesti. La ragazza è una pugilatrice. Ha quasi sicuramente perso il suo ultimo scontro. Sconfitta e dolorante sembra dichiarare: una relazione malata può essere un combattimento spietato e la vita un ring!

HONEYGLAZE. JAMES OGRAM. 2024.

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