LA MORTE IN VENDITA.
C’è qualcosa di intrinsecamente trash nelle televendite, nei mucchi di aggeggi diversamente utili che propinano gli sponsor, negli applausi finti del pubblico in studio, nei sorrisi a trentadue denti dei rappresentanti che diranno e faranno di tutto pur di convincere i potenziali compratori di quanto superlativo, efficiente e conveniente sia il prodotto che stanno pubblicizzando.
Dalla nostrana Telemarket coi tappeti persiani di Orlando alla più quotata QVC, l’idea resta sempre quella.
E quando la televendita è in diretta? Che può esserci di più spassoso di un imprevisto, di una sfortunatissima gaffe, di un piccolo incidente di percorso che vivacizza un po’ la scena?
Il regista Joe Stakun si spinge decisamente oltre per questo memorabile videoclip, trasformando una semplice dimostrazione culinaria a base di coltelli e fornetti elettrici in una vera e propria escalation di sfighe dagli esiti sanguinosamente orrifici.
Protagonista del corto è un ometto di mezz’età che, considerata la spontaneità con cui canticchia i jingle che passano alla TV, deve passare la quasi totalità della giornata di fronte al piccolo schermo, coccolando il suo cagnolino in grembo e perdendosi nei fiumi di insulsaggini che propina la scatola magica.
Si direbbe un vero teledipendente, uno che il tubo catodico finisce per assimilarlo, accogliendolo nella routine quotidiana come una finestra sul mondo… o su un qualche concetto traviato di mondo.
Che altro si può dire di un tizio che, fra l’arredamento domestico, sfoggia un’orribile mucca di ceramica che, guarda caso, è la mascotte della sua rete preferita?
Insomma, il tipo di spettatore che Peter Weir aveva ironicamente tratteggiato nel mitico The Truman Show!
La discordanza sonora che si crea fra l’audio dello sketch – tenuto opportunamente basso a eccezione di punti salienti e incisi parodistici – e il punk hardcore dei Pissed Jeans, mette umoristicamente a disagio, in un perenne disturbo acustico che spiana il terreno per la svolta grandguignolesca e accentua il piglio satirico dell’insieme.
Ma veniamo alla televendita: l’allegra testimonial dell’imperdibile set di lame, con fornetto incluso nello scontatissimo prezzo, tenta di colpire gli acquirenti affettando un po’ di verdure davanti alla telecamera. Zac! Un attimo di distrazione col coltello e un rigagnolo di sangue contamina le fresche bontà sul banco da lavoro, sorprendendo tanto il personale sul set quanto il nostro amico sulla poltrona di casa.
Ma basta un cerotto, e passa tutto… Fino alla prova del fuoco, quando un altro gesto maldestro condanna la mano della povera ragazza a una visita al centro ustioni più vicino.
Non va meglio col test dell’assaggio, in cui una “cavia” prelevata dal pubblico in sala viene costretta ad assaporare le leccornie appena preparate dalla sventurata cuoca. Le si potrà dar torto vedendola sputare il boccone insanguinato fra il disgusto generale?
La signora inorridita lascia il palco, e giusto in tempo: il fornetto in esame esplode di lì a breve senza alcun preavviso, facendo sparire il segnale della rete.
Una tragedia per il buon omino teledipendente! Ma dopo pochi secondi di zapping fra randomici canali demenziali, si torna in pista, in mezzo a bendaggi e medicazioni di fortuna.
E quando sembra che ormai il peggio sia passato, a pochi secondi dalla fine della vendita, un faretto mal assicurato precipita dritto sul cranio della misera presentatrice, che perdendo fiotti di emoglobina ciondolerà a destra e a manca trascinando cameraman e spettatori nel suo raccapricciante e rovinoso vortice di agonia.
Una sequenza degna di un episodio di Happy Tree Friends, a colpi di caffè bollente in faccia, schiene fracassate e cocci aguzzi conficcati nelle carni!
Geniale, poi, la banalissima reazione del buffo protagonista, che si limita a commentare quell’assurdo teatro degli orrori con una sobria, seppur sincera, espressione di sconfortato sgomento.
Tutta un’altra reazione rispetto all’ilarità dei fruitori di humour nero che incappino in questa piccola delizia splatterstick!
PISSED JEANS. JOE STAKUN. 2013.