CAREFUL / JO GOES HUNTING (ALICE SAEY)

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SITUAZIONI PARALLELE

“Jo goes hunting” è il progetto solista di Jimmi Hueting, ragazzo olandese partito con un album d’esordio su V2 Records (ovvero la major Virgin rinata dopo il 1996) per poi passare ad un secondo album autoprodotto per la propria etichetta Grand Douche Records. 

Jimmi ha avuto varie collaborazioni e una band formata da poco con amici d’infanzia chiamata 4B2M, ovvero 4 brothers from 2 mothers, essendo la band formata da due coppie di fratelli amici fin dalla tenera età. 

“Careful” è il singolo del secondo album “Front Row”, traccia costruita da un collage di voci storpiate e sommate una sull’altra fino a creare complesse texture cangianti di musica, dove il ritmo è dato da una ossuta e minimale batteria elettronica che rimane sempre un po’ sullo sfondo, decisamente un pezzo psichedelico, a suo modo allucinatorio, e dal carattere piuttosto inquieto.

La parte visiva è curata da Alice Saey artista visiva nata a Parigi ma adottata da Rotterdam dove produce il suo lavoro focalizzato in forme grafiche poetiche di narrazione sia nel campo del design che nei film e con una discreta esperienza nel mondo dei video musicali. 

Il video comincia con un un vulcano, (non uno solitario, ma al contrario) fra tanti vulcani, tutti ammassati uno affianco all’altro che pulsano come se respirassero all’unisono. La bocca del vulcano sbuffa al ritmo della canzone e ripete “careful”, poi un altro vulcano si riempie di lava e compaiono un paio di labbra che scandiscono ancora più chiaramente “careful”. 

Le labbra in lipsync si moltiplicano, si spostano, come se di tanto in tanto un vulcano smettesse di cantare e passasse il testimone a quello affianco e poco più in là. 

Poi lo sfondo musicale cambia e questa immagine di vulcani cantanti viene improvvisamente tinta di nero e nascono fiammelle. L’immagine comincia a vorticare e mostra altri “mondi circolari” ognuno diverso, ognuno a suo modo psichedelico e speciale.

Ranocchie imprigionate da fiori in un caso, piccoli vermi nuotano di buco in buco in un altro, una rappresentazione che potrebbe parlare dell’immensamente piccolo e quindi tante particelle tutte diverse, o all’opposto dell’immensamente grande e quindi di tanti mondi paralleli che formano un multiverso dove ogni cosa si è sviluppata in un modo differente. Anche se credo che questi misteri rimangono nella mente dell’autrice.

Piccoli ominidi neri sono intenti a svuotare enormi melograni, meduse ondeggiano nel mare, ominidi neri spingono un enorme pettine, ominidi rossi si rilassano su enormi cubi di ghiaccio.

Esseri umani con la testa fatta come un palloncino riescono a cogliere il primo piano e mentre si moltiplicano in decine di possibili varianti, si di colore che di densità, che di sfondo. Alcune teste fioriscono altre hanno corone di spine, altre ancora paiono baccelli ancora chiusi.

Un testa con dread fatti di bruchi, usa le sue mani per mettersi in faccia due palle luccicanti come fossero veri e propri occhi, questo mondo multiplo di teste si muove, e inizia a ricadere su se stesso spezzando le forme e creando righe diagonali come un tappeto spiegazzato. 

Tutto è in costante movimento e risulta impossibile riportare le centinaia di microeventi che succedono e si susseguono sullo schermo, il tutto fino a raggiungere un picco di entropia dove poi le immagini collassano spezzettate e come foglie morte cadono lente verso il basso. 

La musica di Jo goes hunting ha sicuramente un tocco psichedelico e stordente ma Alice Saey non si è fatta certo pregare costruendo questo gigantesco apparato vivente o forse un multiverso, immensamente sfaccettato e straripante di dettagli weird.

JO GOES HUNTING.ALICE SAEY. 2020.

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