LIVE WITH ME / MASSIVE ATTACK (JONATHAN GLAZER)

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UBRIACARSI DI LACRIME E PAURA.

La solitudine mi avvolge, mi stritola. È sabato sera forse, ma non è più importante che giorno sia. La conosco troppo bene questa sensazione. Sale, mi soffoca. È un mix di vergogna e rabbia che mi spinge fuori di casa, fuori di me. Tremo impacciata come se cercassi di sfuggire a me stessa, al mio destino.

Fino al negozio di liquori come fosse tutto normale. Fino al negozio di liquori con un nodo in gola. Fingendo una festa, i soliti ospiti allegri all’improvviso, scelgo le bottiglie con cura: una finta tranquillità mentre il commesso mi osserva distrattamente e accetta ancora un’altra scusa plausibile. Vorrei dirgli che non sono come pensa, che non sono una di quelle persone. Ma chi sto ingannando? Sono proprio una di quelle persone e lui del resto vuole solo i miei soldi.

Pago. Sorrisi. Scontrino e saluti. Una busta della spesa al mio fianco. E che spesa… Tutti che mi passano accanto come fosse normale. Tutti che mi passano accanto come non esistessi e che questo fosse normale.

Rientro a casa. Tutto è in ordine. Sistemato con cura, pulito e spolverato come qualsiasi mamma insegna e chiede alla figlia. Ogni cosa al suo posto, come se rassettando con rigore potessi sistemare anche quel caos dentro di me. E poi silenzio. Senza fare rumore, senza esistere. Le mani piene e il cuore pesante, chiudo il mondo dietro di me.

La birra è il primo sorso, il migliore. Un momento fugace di conforto: mi illude che tutto possa andare meglio ma so già come andrà. Poi la vodka. Ho ancora il cappotto e la giornata addosso. Una sorsata profonda già di quelle che perdi il sapore e il gusto del bere. Sale finalmente un po’ di caldo mentre la mia casa si fa quel rifugio precario lontano da sguardi e giudizi.

La mia mente si offusca. La mia memoria si annebbia, finalmente. Ogni sorso è un passo più vicino a un’irreale vita in trasluce. Il mio corpo è finalmente il contenitore di un cocktail di emozioni e alcol che mi trascina sempre più in basso, in una grotta dove sparire.

La sensazione di forza che cercavo si dissolve, riempiendo i vuoti con l’ennesima bottiglia e tutto svanisce, nessun senso, solo perdersi, solo oblio, così familiare, unico amico, unico e tutto per me.

Vortico. Cado per scale interiori e infinite. Mi distruggo, fratturo ogni mio osso, ogni mio organo. Scappo. Non so come, recupero i pantaloni e scappo di qua. La strada sa come accogliermi. La mia invisibilità mi protegge. Non sento il pericolo. Nessuna preoccupazione. Il dolore sembra più leggero, evapora.

In quel disordine ovattato scorgo la bellezza che mi era sempre sfuggita, nascosta dietro il muro della mia stupida lucidità. Quella bellezza che non toglie il dolore, ma lo sospende, lo fa galleggiare lontano, in alto tra le stelle. E così per un momento sono libera. Libera dalla mia stessa esistenza, libera dalla mia prigione, libera da me stessa. È solo un momento lo so, presto la realtà tornerà a minacciarmi, a farmi male e vendicarsi su di me. Presto tornerà a mordermi il cuore e trascinarmi ancora nell’oscurità.

Eppure continuo a fissare quel cielo per un attimo ancora. Prima che tutto si dissolva e si trasformi in vomito e torsioni dello stomaco. Che quell’attimo si possa fermare, durare un po’ di più e che possa davvero curare tutto questo dolore: ma non lo farà mai davvero.

Poi la notte si fa più scura e con essa torno anch’io. Sprofondando di nuovo in questa me stessa disgustosa e sconfitta mentre il cielo resta lì, distante e inafferrabile a giudicarmi.

La fine di questo video, l’ultimo fotogramma, fa emergere le molte emozioni contrastanti dell’essere perso, sconfitto, intossicato dalla vita e dalla debolezza. Quella sensazione di non avere il controllo ma allo stesso tempo non avere nemmeno la colpa. Quella sensazione di perdersi nell’immenso e non essere responsabile ma esser solo un altro di quei puntini luminosi del cielo. Uno dei tanti. Non il peggiore, non il migliore.

Questo video, questo film di 6 minuti, questo “Live With Me” diretto da Jonathan Glazer è potente e sconvolgente. C’è quella fantastica dissonanza tra la supplica del testo che chiede a qualcuno di non andare via e l’orrore disperato delle immagini. L’ho guardato e riguardato in questi anni. Mi sono confuso e identificato nel dolore che esprime questo video e ogni volta ho sentito che anche se non mi appartiene è a un passo da me, così vicino e possibile a tutti che forse è meglio sospendere il giudizio e iniziare con la compassione…

MASSIVE ATTACK. JONATHAN GLAZER. 2006.

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