UN FIGHT CLUB SU QUATTRO RUOTE.
Alcuni videoclip, a prescindere dalla loro qualità, hanno il non disprezzabile merito di farci conoscere aspetti del mondo e della società che neanche ci immaginiamo.
Il video qui di seguito trattato, con cui Luna Carmoon ha dato forma visiva al bel brano dei Fontaines D.C., non solo si rivela esteticamente ed emotivamente inappuntabile, ma spalanca una finestra informativa su uno degli sport recenti più curiosi e bizzarri di cui si abbiano notizie.
Stiamo parlando del Car-Jitsu, una nuova disciplina che prevede – come il nome suggerisce – una sottospecie di incontro di arti marziali all’interno di una macchina!
L’obiettivo è quello ovviamente di sottomettere l’avversario, utilizzando braccia, gambe e persino accessori a portata di mano come le cinture di sicurezza, il tutto nel claustrofobico spazio di un’automobile.
Per quanto strampalato ciò possa sembrare, si conta già un certo seguito tra gli appassionati del settore, come si evince dai tornei ufficiali organizzati a livello internazionale e i canali YouTube dedicati all’argomento.
La natura brutale, finanche squallida, di due corpi umani che si contorcono in un paio di metri cubi d’aria cercando di strangolarsi a vicenda, serve alla regista quale background per dipingere quel senso di disagio esistenziale e di frustrazione sociale che costituisce l’ossatura del clip.
Con gusto cinematografico, la canzone in sottofondo accompagna la storia in perfetta sintonia tonale, eventualmente arrestandosi o affievolendosi per sottolineare svolte di trama significative e per consentire ai personaggi di parlare.
Protagonista dell’evento è un ragazzo mingherlino, dai lunghi capelli neri e dalla pelle pallida, interpretato da un ottimo e disinvolto Ewan Mitchell.
Lo seguiamo durante la sua casalinga routine quotidiana: non un granché, a dirla tutta! Apparentemente passa le giornate rigirandosi sul letto mezzo nudo, coccolando i suoi rettili domestici, fumando e giocherellando con un elicottero telecomandato.
Questo pigro trantran somiglia più che altro a una noiosa schermata di attesa, in preparazione del momento in cui la profonda ed evidente vuotezza interiore che affligge il giovane possa trovare una particolare valvola di sfogo.
Ed è appunto nel Car-Jitsu che il nostro ha individuato la sua ancora di salvezza, la sua via di fuga dal suo insensato male di vivere. E come lui, tanti altri sembrano condividere questo suo hobby.
Consumando l’atto con la furtiva e amatoriale grossolanità di un incontro clandestino, Mitchell e il suo rivale di turno si afferrano per la gola e si avvinghiano l’uno contro l’altro, quasi fossero due amanti impegnati in un amplesso estremo.
Quando poi uno dei due non ce la fa più, basta qualche piccola pacca, e il round ha termine. Il vincitore resta in auto, il prossimo sfidante può accomodarsi. E Mitchell pare cavarsela davvero bene: uno dopo l’altro, li sta battendo tutti.
Uno spettacolo senz’altro inusuale, ma soprattutto privo dell’entusiasmo agonistico che in genere accompagna gli sport più o meno tradizionali: le espressioni vacue e severe dei contendenti esaltano la sincera malinconia che trapela dai loro gesti violenti, specchio di repressione e insoddisfazione, se non di muta disperazione.
I passanti occasionali si fermano ad ammirare questo moderno freakshow, tra il tifo e la derisione, con le risate e il sostegno di attraenti ragazze e le beffe di mocciosi, fino all’impassibile silenzio di piccole folle morbosamente incantate davanti alla scena.
E poi ci siamo anche noi, naturalmente: gli spettatori oltre lo schermo, ultimi anelli voyeuristici di una triste catena scopofiliaca.
Alla fine anche Mitchell soccombe in battaglia, con la cintura stretta attorno al collo, in un duello estenuante ed enfatizzato dall’uso del ralenti.
Terminato il giro, il nostro torna a casa, letteralmente distrutto, e si butta a pancia in giù sul letto per un po’ di riposo. Fra intensi respiri, un sorriso sul suo volto rivela la parvenza di una soddisfazione, uno spiraglio di luce in un’eterna giornata uggiosa, una rivalsa personale, dolorosa quanto visceralmente genuina.
E noi restiamo impassibili, forse commossi ma di certo misteriosamente attratti, come quella folla fuori dall’auto.
FONTAINES D.C.. LUNA CARMOON. 2024.