FEAR OF TRANSFORMATION / A PLACE TO BURY STRANGERS (CHAD CRAWFORD KINKLE)

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E QUANDO C’È LA LUNA PIENA…

Notte pesta, tranquilla villetta isolata. Un adolescente approfitta della distrazione dei genitori e viola il coprifuoco imposto per scappare di casa e in auto raggiungere un locale dove divertirsi insieme a un gruppo di amici, orgogliosi di sfoggiare i propri travestimenti per un singolare “furry party”.

In casa, il padre in apprensione, sospetta qualcosa e vuole accertarsi se il figlio è ancora nella sua camera o meno, sbraita e bussa alla porta ma senza risposta; nel frattempo, il luogo dell’appuntamento comincia ad affollarsi di gente travestita da simpatici animali che ha tutta l’aria di volersela spassare.

Sin dall’incipit, il post punk dei newyorkesi A Place to Bury Strangers si insinua tra i riverberi e le distorsioni, come un tarlo col suo incedere scuro e ipnotico, insieme alle parole per niente rassicuranti scandite da Ackermann come un proclama con tutta la gamma di disagi suscitati dal concetto di paura.

Intanto il regista Chad Crawford Kinkle, scalda l’atmosfera della festa in maschera che ha preso il suo slancio grottesco, i ragazzi si lasciano travolgere da musica, luci fluo e ammiccamenti, liberandosi in movimenti scomposti, che percepiamo, data la molteplicità di “fauna” sulla pista, come un coreografico rito tribale, invadente e a tratti allucinato.

Il giovane protagonista vestito da cagnolone però non si fa coinvolgere da quella danza, anzi se ne rimane insensibile in disparte, vagolando in penombra tra le colorate mascotte, con lo scopo di fissare tutti ad uno ad uno, cosciente che in lui sta per avvenire una radicale trasformazione che si rivelerà ferocemente letale per chiunque dovesse capitare sotto l’irruenza dei suoi artigli e le sue zanne.

A PLACE TO BURY STRANGERS. CHAD CRAWFORD KINKLE. 2024.

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