MAN MADE OF MEAT / VIAGRA BOYS (DANIEL BJÖRKMAN)

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SCUSI LEI È UN MAGNATE O UN MAGNACCIA?

L’arte contemporanea è come un film di serie B, ma senza il divertimento. Una soap opera per miliardari annoiati e hipster con lo stipendio da fame. Un circo di pretese intellettuali dove il leone è morto di fame e l’animatore della festa è depresso e sotto psicofarmaci.

Il mercato dell’arte? È un gigantesco gioco di soubrette e papponi, abbuffate e miseria, uno schema fraudolento di mediocri furfantelli. Riciclaggio e vanità. Accuratamente patetico.

Gli artisti? Degli prestigiatori frustrati ma con gran senso di rivalsa, che trasformano la noia in installazioni, il disgusto in performance, la tristezza in narrazione. Fanno torte, spalmano crema. Nemmeno a dirlo non finirà nelle bocche di buongustai ma in un pertugio del corpo che solo in galleria, che solo nell’arte, avranno valori simbolici, altrove: straccio e disinfettare bene.

Dipingono tele bianche di bianco per richiamare il silenzio. Fanno fondi neri neri per richiamare il nulla. Gridano citazioni a voce alta per rendere attuale il vuoto, ma poi monetizzano aggiungendo zeri per quanti passaggi televisivi hanno fatto.

Quelli che comprano arte a prezzi esorbitanti per status symbol, per sfoggiare potere e ricchezza e nemmeno il traduttore del loro iPhone può spiegargli il concetto: Valore intrinseco.

Gli pseudo-intellettuali morti di fame, aspiranti artisti, che cercano comunque di inserirsi nell’ambiente facendo gli alternativi mentre si alternano con altri come loro, a leccare culi potenti.

In poche parole, il mondo dell’arte contemporanea è un mix assurdo: ricchi senz’anima e indigenti sofisticati in cerca di un annuncio che dica: Cercasi schiavo!

A quanto viene via la banana oggi sul mercato dell’arte?

Alle inaugurazioni di un certo tipo mi immagino sempre più spesso questa scena: il signorotto di turno esce dal bagno che forse ha mangiato del panettone perché ha dello zucchero a velo su tutto il naso. Gli si fa innanzi qualcuno molto disponibile e lui fa: scusa non ricordo, sei una puttana o un artista?

Non sono schifato che l’arte sia un’industria. Bollette e caviale costano… è che si affoga sempre più tutto. È che diventa sempre più tutto una pasta indistinta e senza valore. È che son sempre più le braccia alzate a mendicare un penny di carità a ricchi annoiati in cerca di un’istante un po’ indecente che li scuota dal loro torpore.

E siamo tutti lì, fieri e commossi nella luce gialla, a farci un selfie per il nostro profilo che ci mostrerà in tutta la nostra sensibilità perché quello dietro è un cumulo di detriti urbani, non una metafora (l’arte contemporanea non sa cosa siano le metafore) no, proprio ossa e pelle di gente morta che un artista ora a consacrato in “opera d’arte”.

Che esperienza emozionante!

Guardate questo video, per fortuna non è tutta così l’arte, ma basta aspettare…

VIAGRA BOYS. DANIEL BJÖRKMAN. 2025.

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