
TRAIETTORIE.
Video Ark torna ad occuparsi del gruppo islandese Low Roar, a quasi tre anni dalla scomparsa di Ryan Karazija, frontman e volano della band.
Dopo il caso del 2021, “Hummingbird/Una dolce odissea”, i riflettori si riaccendono sul singolo “Field of Dreams”, uscito lo scorso dicembre.
Tratto dal sesto album, pubblicato postumo, il video in bianco e nero è diretto da Kim Saarinen.
Un live action trasfigurato e una fotografia fortemente contrastata per dare risalto ad atmosfere cariche di malinconia, a metà tra i Sigur Ròs e i Radiohead, in cui affiorano sofferenza ma anche la ricerca di una liberazione interiore.
Il bianco abbagliante iniziale contrasta con le parole impresse a caratteri rossi, che presentano subito la band, la canzone e il direttore del video.
Inquadrature statiche, laterali e frontali, che sostano su figure geometriche: finestre, pareti, cancelli, impronte di macchine e scarpe, una panchina e una donna seduta sopra, le cui gambe formano un angolo perfetto di 90 gradi.
Le riprese si spostano sul piano posteriore per seguire il corpo della donna in movimento, una linea diritta, che si staglia al centro della scena e lascia cadere dietro di sé il cappotto nero.
Immersa in un paesaggio innevato, la donna inizia a danzare e il corpo disegna traiettorie invisibili, si libra nell’aria trasformando i pensieri in storie. Le immagini fluiscono attraverso una lente caleidoscopica che riproduce e scompone le forme in tanti frammenti.
Mosse circolari. Testa, collo, braccia, su e giù, destra e sinistra, alto e basso. La luce del sole filtra tra le dita. E ancora, stivaletti neri che puntano e marcano una neve polverosa. Il corpo si allunga, si sdraia, scalcia, lento e poi veloce. Mani che si levano al cielo. Segni e tracce su una coltre bianca che si scioglierà presto al sole. Respiri, calore, vita.
Di nuovo case, finestre, camini e balconi, rami secchi. Profili squadrati che si arrotondano attraverso lenti che smussano e addolciscono gli angoli, in un vortice che sembra girare su stesso. Il ritmo di una terra, natura morta, che pare inerte ma che scorre in un continuo e perpetuo cambiamento.
La panchina è vuota, i fiocchi che scendono ovatteranno il suono e nasconderanno i contorni per creare nuove sagome: “It’s not what it seems/Non è ciò che sembra”.
Niente titoli di coda e nessun ringraziamento.
Ryan Karazija (1982-2022), “Today I’ll be rеmembered. Tomorrow just a dream”. RIP.
LOW ROAR. KIM SAARINEN. 2024.