
PEREGRINAZIONI MUSICALI.
Cascate di note improvvisate, una meditazione musicale accompagna il video di Jem Cohen, “Aerie”. Cosa è stato creato prima? Il video precede la musica o la musica precede il video? Quattro persone invisibili accompagnano o guidano questo viaggio musicale. Chitarra elettrica suonata come se fosse un’acustica da Marisa Anderson, musicista che sfida la categorizzazione. Una outsider per antonomasia, a drifter, come direbbero nella sua patria. Ha vissuto per una decina di anni a rincorrere le proteste ambientaliste per poi riapparire come una luminare della musica epocale, studiosa, amante e ricreatrice delle tradizioni blues, folk e ancestrali, invisibile alle masse musicali, collaboratrice ricercata da vari artisti, tra cui Emmylou Harris, i Godspeed You Black Emperor e l’onnipresente ex-Sonic Youth, Thurston Moore.
In “Aerie”, le sue peregrinazioni musicali sono accompagnate dai battiti sincopati del batterista più prolifico e ricercato nel mondo underground, il geniale australiano Jim White, tra l’altro nei Dirty Three e Hard Quartet. La loro è una conversazione musicale in punta di piedi, senza disturbare, una meditazione primordiale, un mantra infinito, comunicazione senza parole, alla ricerca di una comunione vera, non affettata dalle mode o dalla vanità. Due amici musicali che si ritrovano in un luogo dematerializzato, informale, ondulato, dalle modulazioni soffici, un dialogo musicale infinito, una cascata di suoni, un viaggio mai lineare.
Amo immaginare Jem Cohen mentre presenta il suo video ai due musicisti e la musica che nasce dalla visione, o forse la visione nasce dalla musica? Il resto degli invisibili in questo video: innanzitutto il regista, Jem Cohen con i suoi video/finestra aperta sul mondo, senza intromettersi, una mosca sul muro, senza dettare comportamenti o tempi, senza cercare di forzare una strategia segreta, senza secondi fini. L’occhio del regista è fisso su una montagna, forse gli Appalachi, un giorno di fine inverno o inizio primavera, poche foglie verdi timide sugli alberi che ricoprono l’ondulazione naturale.
Infine il protagonista, un ragazzino, Alexander, quasi 8 anni, ci dice il regista, vive la sua giornata in totale libertà e solitudine appollaiato come un uccello da preda sulla parte più alta del paesaggio, intento con tutto il suo essere a creare qualcosa con i rami spezzati degli alberi, i rami secchi caduti durante una tempesta. Alexander concentratissimo cerca di incastrare i mozziconi legnosi, per creare una struttura che non ha nessun fine in particolare. L’obiettivo è semplice, cercare di equilibrare i pezzi di legno alti quasi quanto lui. Questa sorta di totem precario prende tutta la sua fantasia e tutta la sua concentrazione. Ci riesce alla fine, e Alex si allontana soddisfatto, “chuffed”, gasato, felice come una pasqua.
Tutto intorno la natura ancora non si è risvegliata, il fiume scorre indifferente, una bicicletta percorre il ponte sopraelevato. Il tetto di una casa ha urgente bisogno di riparazioni. Rompe la monocromia un cespuglio di ginestra, il suo giallo intenso quasi ci abbaglia durante la panoramica. E poi un fiore nasce dalla roccia, le macchine scorrono veloci sulla strada provinciale 213… Siamo forse nel Maryland? Poco importa, la vita scorre indifferente.
JIM WHITE & MARISA ANDERSON. JEM COHEN. 2024